Michele Protano, il Presidente
Sei anni fa - il 21 ottobre del 2007 - si spegneva Michele Protano, l’amministratore provinciale con il più lungo stato di servizio: 27 anni trascorsi tra i banchi di Palazzo Dogana. Questo articolo - pubblicato sulla rivista della Biblioteca Provinciale di Foggia - era stato concepito per festeggiarne l’ottantesimo compleanno. Purtroppo, qualche giorno dopo aver spento l’ottantesima candelina, il cuore generoso di Protano ha cessato di battere.
Chi scrive è stato legato al Presidente scomparso da profondi vincoli di affetto e di amicizia, oltre che di lavoro comune. Sono stato il responsabile di quell’ufficio stampa che Michele Protano volle istituire come primo atto del suo mandato, convincendomi a lasciare la redazione foggiana de “La Gazzetta del Mezzogiorno” e l’ufficio stampa dell’Ente Fiere di Foggia, presso cui lavoravo.
L’istituzione dell’ufficio stampa una scelta di alto valore politico e sociale, sostenuta da motivazioni molto diverse dalla ricerca della visibilità o della immagine a tutti i costi che pervade la politica in questi anni, e che sovente vede scadere la comunicazione istituzionale a propaganda da carosello.
Protano era assolutamente convinto che la sua idea, il suo progetto di Provincia potevano affermarsi soltanto se fossero diventati patrimonio comune delle comunità provinciali. Si trattava (e per molti versi ancora si tratta, perché la questione è del tutto aperta) di costruire una identità per la Capitanata, che ne era priva. Un Ente Provincia forte, efficiente, in grado di sorreggere i complessi processi di sviluppo del territorio può essere tale soltanto se c’è una
comunità provinciale che lo riconosce, che se ne sente parte. Una Provincia da amare, per cui “fare il tifo”. Fu questo amore comune, verso la Provincia intesa nella sua duplice dimensione di istituzione e di territorio, che consentì alla nostra amicizia ed al nostro lavoro di mettere profonde radici.
Su questa sfida Michele Protano marcò, con successo, i tratti di discontinuità tra la prima presidenza socialista della Provincia di Foggia e le amministrazioni del passato, molte delle quali lo avevano comunque visto protagonista. Rispetto a questa sfida, riuscì a dare senso, e spessore, a quella idea dell’autonomia socialista che stava alla base del suo credo politico.
L’eredità che ci lascia è immensa: cercherò di raccontarla, con l’avvertenza che mi limiterò alle cose che son rimaste e resteranno, per essere un giorno consegnate dalla cronaca, alla Storia. Essa va custodita, e valorizzata, non solo per dovere di riconoscenza, ma perché le sfide che il futuro riserva alla nostra terra sono le stesse che Protano ha affrontato, e spesso vinto: dalla necessità di una più adeguata dotazione infrastrutturale del territorio, che resta ancora largamente sovradimensionata rispetto ai suoi bisogni reali, a quella d’un progetto di ripresa dell’economia che si agganci maggiormente alle vocazioni del territorio, a quella Università che rappresentò un sogno tenacemente perseguito e alla fine realizzato da Michele Protano, e che rappresenta il fattore di propulsione più importante della Capitanata del terzo millennio.
Dopo la presidenza Protano, gli sviluppi successivi del mio percorso professionale a Palazzo Dogana, le fatali amarezze, mi hanno qualche volta indotto a domandarmi se abbia fatto bene, quel giorno di dicembre del 1981, a rinunciare al contratto di praticantato alla “Gazzetta”, scegliendo la Provincia.
Mi basta ricordare quei nove anni meravigliosi ed indimenticabili trascorsi al fianco di Michele Protano, per rispondermi che sì, ne è valsa la pena.
LA PROVINCIA, DECISIVO CROCEVIA PER LO SVILUPPO
C’è un tratto comune che guida ed ispira tutta l’opera e l’attività che Michele Protano ha dedicato alla Provincia di Foggia, nella sua quasi trentennale permanenza a Palazzo Dogana, prima da consigliere ed assessore, infine da Presidente.
Il filo rosso che annoda e percorre questi intensi anni di lavoro è una idea “forte” della Provincia: la consapevolezza del ruolo sostanziale che l’ente provinciale poteva e doveva svolgere, nell’orientare e nel sorreggere lo sviluppo economico e sociale dell’intera Capitanata.
Durante i nove anni della sua presidenza (1981-1990), Protano ha anticipato e percorso la costruzione di quell’ente intermedio che troverà il suo riconoscimento legislativo proprio alla scadenza del suo mandato presidenziale, con la legge di riforma dell’ordinamento locale dell’8 giugno 1990, la “142”.
Pur essendo approdato tra gli scranni del consiglio provinciale in una stagione politicamente molto difficile, caratterizzata da una diffusa instabilità, ed in cui era obiettivamente difficile “volare alto”, Protano aveva cominciato ad esprimere questa idea forte di Provincia già durante la prima fase della sua attività amministrativa a Palazzo Dogana, prima che ne diventasse Presidente, quando aveva ricoperto la vicepresidenza, ed incarichi assessorili di rilievo, nel settore dei lavori pubblici ed in quello dei servizi sociali.
Il giovane medico condotto di Peschici viene eletto per la prima volta in consiglio provinciale nelle liste socialdemocratiche, il 10 giugno del 1962. Ha 35 anni, ed è preceduto da una buona fama per le cose che è riuscito a fare nella cittadina garganica, una delle più povere del promontorio, che allora non era ancora stato baciato dal boom turistico.
Da qualche anno, con l’arrivo di quello che sarebbe poi diventato ‘u med’c per antonomasia, Peschici aveva cominciato il suo lento cammino verso il benessere. Protano aveva scelto la condotta di Peschici per potersi dedicare all’attività politica nel suo paese natale, Vieste (le leggi dell’epoca non consentivano ai medici condotti di rivestire cariche elettive comunali). Ma tra Protano e i peschiciani era nato un amore a prima vista, e per il medico era diventato una cosa sola occuparsi della loro salute e del loro riscatto economico e civile.
Non è un aneddoto, ma un fatto veramente accaduto: si racconta che una scolaretta, nell’elaborare un tema assegnatole dalla maestra sul “santo patrono di Peschici”, abbia testualmente scritto che “il santo patrono di Peschici è Michele Protano”. La verità è che con l’arrivo del medico, si era formato a Peschici un bel gruppo di giovani volenterosi, alla loro prima esperienza politica, che erano riusciti a conquistare il Comune e, sotto la guida di Protano, ad avviare una seria politica di opere pubbliche nel paesino, che ne era del tutto sprovvisto. Così la piccola comunità aveva isto arrivare la fogna, la pubblica illuminazione e perfino (prima amministrazione garganica, e tra i primissimi comuni pugliesi a dotarsene) un tentativo di pianificazione urbanistica, con la redazione di un piano di fabbricazione affidato all’eminente architetto Renato Bazzoni, che sarebbe dopo qualche anno divenuto segretario generale del Fondo per l’Ambiente Italiano.
A dare a Michele Protano i voti sufficienti alla sua prima elezione alla Provincia, furono soprattutto i peschiciani ed i viestani, perché nel collegio elettorale era forte la concorrenza, tutta in casa socialista, con il candidato di Rodi Garganico, Teodoro Moretti, socialista, eletto anche lui. È un derby che si ripeterà spesso, anche quando i due partiti socialisti si unificheranno e Protano approderà nel Psi, in cui resterà poi tutta la vita.
Quella del collegio elettorale Vieste - Rodi - Peschici è una storia che un giorno o l’altro occorrerà raccontare, tanto è bizzarra e particolare: questo lembo del Gargano ha dato tre presidenti alla Provincia (oltre Protano, ci sono stati poi lo stesso Teodoro Moretti e Carmine Stallone, anche se quest’ultimo eletto con la nuova legge), ed è inoltre il solo collegio che sia riuscito ad esprimere sempre almeno un candidato eletto, e molto spesso anche due.
Le elezioni del 1962 aprono la IV consiliatura per l’amministrazione di Palazzo Dogana, in uno dei momenti politicamente più difficili e complessi. La III consiliatura (per cui si era andati alle urne il 6 novembre del 1960) si era conclusa con un nulla di fatto, in quanto il consiglio provinciale non era stato in grado di eleggere una giunta, per il sostanziale pareggio con cui si era concluse le elezioni: 11 seggi ciascuno a Dc e Pci, 3 a socialisti e missini, uno a testa a Pdi e Pli.
Si torna alle urne dopo una lunga fase di gestione commissariale, ma il risultato è una fotocopia di quello di due anni prima, un nulla di fatto che produrrà una diffusa instabilità: in cinque anni si avvicenderanno quattro amministrazioni, che cercheranno di assicurare la governance dell’ente senza però avere una vera e proprio maggioranza. Si comincia con il primo esperimento di centrosinistra: una giunta a tre (Dc, Psi e Psdi) presieduta dall’avvocato democristiano Gabriele Consiglio, in cui figurano entrambi i consiglieri eletti del collegio garganico: Moretti è vicepresidente, Protano assessore.
Quando i socialisti escono successivamente dall’esecutivo. Consiglio chiama alla vicepresidenza Protano, ma la giunta andrà in crisi dopo che i socialisti ritireranno l’appoggio esterno. Si insedia una giunta minoritaria presieduta dal comunista Sabino Vania, che gode dell’appoggio organico dei socialisti e di alcuni democristiani dissidenti. Al momento di votare il bilancio, il ruolo di ago della bilancia spetta proprio a Michele Protano. Il suo “no” è determinante nel far cadere la giunta.
Il rischio di un’altra gestione commissariale viene scongiurato con il ritorno alla formula iniziale del tripartito Dc-Psi-Psdi, presieduto ancora una volta da Gabriele Consiglio, con Protano assessore.
Quella formula non solo salva la consiliatura ma consente l’avvio di una lunga fase di stabilità, garantita proprio dal centrosinistra. A fare la differenza e ad assicurare la governabilità dell’Ente, è l’avanzata elettorale dell’area socialista, che alle successive elezioni del 1966 e del 1971 conquista cinque seggi (tre ai socialisti, due ai socialdemocratici). Protano militerà come assessore nella giunta presieduta dal democristiano Berardino Tizzani (V consiliatura, 1966-70) e come vicepresidente in quella guidata da Franco Galasso, anche lui democristiano (VI consiliatura, 1971-1976).
Sono anni nevralgici, sia per la Capitanata che per l’Amministrazione Provinciale. Sono gli anni in cui si dispiegano gli effetti, a volte positivi, a volte meno, della industrializzazione pilotata dalle partecipazioni statali, e piovuta sul territorio come merce di scambio politico per l’utilizzazione, in altre zone della Puglia e del Mezzogiorno, del metano estratto dalla viscere dell’Appennino Dauno. Sono gli anni della rivoluzione verde propiziata dalle iniziative irrigue della Cassa per il Mezzogiorno.
La provincia di Foggia viene indicata tra le aree canguro, che fanno registrare il tasso più rapido di riduzione del divario rispetto al centro-nord.
In questo periodo si avvia anche la valorizzazione turistica del Gargano, di cui Michele Protano è indiscusso protagonista, assieme a Rino Formica e a Vincenzo Russo. Se i due uomini politici hanno avuto il merito di far conoscere ed apprezzare la Montagna del Sole agli imprenditori pubblici e privati che vi avrebbero investito, Protano ha quello di aver realizzato le infrastrutture strategiche per sottrarre il Gargano dall’endemico isolamento in cui versava.
Da assessore provinciale ai lavori pubblici, Protano aveva avuto un’idea geniale: quella di far progettare e quindi realizzare dall’ufficio tecnico, le due strade provinciali litoranee da Mattinata e Vieste, e da Vieste a Peschici. Le due arterie consentono l’accesso diretto alle meravigliose spiagge ed alla incantevoli baie della costiera garganica, superando i limiti della viabilità ottocentesca che, anche per ragioni di sicurezza e di controllo del territorio, era stata realizzata tutta a monte, tagliando fuori la costa.
Il boom turistico che il Gargano avrebbe conosciuto, di lì a poco, sarebbe stato impossibile senza le due strade litoranee che costituiscono anche un’incontestabile prova della utilità dell’Ente Provincia, anzi, della sua necessità per la Capitanata.
Invece, gli anni immediatamente successivi fanno registrare un dibattito piuttosto acceso tra quanti (in primis, i repubblicani di La Malfa, ma anche il Pci, che propende per forme diverse di articolazione subregionale, come i comprensori) sostengono l’inutilità della Province e ne chiedono la soppressione e quanti (tra questi i socialisti) si battono per la loro valorizzazione.
Questo dibattito attraversa anche buona parte della esperienza della Giunta di sinistra (Pci-Psi-Psdi con l’appoggio esterno della Democrazia Cristiana: sono gli anni della solidarietà nazionale) presieduta da Francesco Kuntze che governerà la VII consiliatura, dal 1976 al 1981. Un quinquennio di grande spessore progettuale e culturale, in cui l’amministrazione di Palazzo Dogana si candida, tra l’altro, come soggetto della pianificazione economica e territoriale, pur in assenza di una precisa normativa che gli affidi questo ruolo (che verrà espressamente sancito soltanto dalla legge 142): il progetto “Capitanata Anni 80” è tra le cose più belle e significative che l’Ente di Palazzo Dogana abbia mai varato.
LA PRIMA PRESIDENZA SOCIALISTA DI PALAZZO DOGANA
La prima presidenza socialista di Palazzo Dogana matura in un contesto molto diverso da quello che aveva portato all’insediamento della maggioranza di sinistra. Il rapimento Moro, la crisi della solidarietà nazionale, l’avvento del craxismo, ma soprattutto i risultati elettorali, rendono molto difficile la riproposizione di quella, pur positiva e qualificata, esperienza di governo.
Il Psi morde il freno, e comincia ad invocare il principio dell’alternanza (non più sempre e soltanto democristiani alla guida dei governi, sia centrali che locali). La Dc, in cambio, chiede la omologazione delle giunte locali al quadro politico nazionale: è il patto di ferro che porterà al pentapartito, e alla presidenza Craxi.
Già nella primavera del 1981, la federazione socialista della provincia di Foggia sembra aver operato una chiara scelta di campo rispetto alla prospettiva politica: una scelta di campo che si rivela fin dalla definizione delle candidature, prima della campagna elettorale.
Quale candidato nel collegio di Vieste-Peschici-Rodi, a Teodoro Moretti, che nella Giunta Kuntze aveva ricoperto l’incarico di vicepresidente, viene preferito Michele Protano, ritenuto più adatto a pilotare il ritorno al centrosinistra e ad incarnare l’alternanza.
Prima di candidarsi alla Presidenza, è però necessario centrare l’obiettivo della elezione in consiglio, che questa volta si presenta particolarmente difficile ed insidiosa. Moretti, in rotta di collisione con il suo partito, fa sapere che inviterà gli elettori socialisti del suo paese a votare scheda bianca (e così sarà: il Psi otterrà a Rodi solo 14 voti). Per essere eletto, Protano dovrà dunque fare il pieno dei voti negli altri due comuni del collegio, Vieste e Peschici. Un’impresa ai limiti dell’impossibile, che tuttavia Protano riesce a centrare.
Il risultato elettorale sancisce una evidente vittoria per l’area socialista, che conquista sette seggi (cinque il Psi e due il Psdi) con quasi il 23 per cento dei voti. Per il consiglio provinciale si apre un’era nuova, che segna la fine dell’egemonia dei grandi partiti. Rispetto alle elezioni del 1976, il Pci perde due seggi, e la Dc uno, che finiscono al Psi (+2) ed al Psdi (+1). Il trend verrà confermato anche nelle elezioni della IX consiliatura, che si terranno il 12 maggio del 1985, con la novità che a fianco dell’area socialista prenderà consistenza anche quella laica: il centrosinistra a tre si allargherà, anche a Palazzo Dogana, ad un pentapartito organico: l’area laico-socialista conquisterà il 25 per cento dei voti e 8 seggi (4 il Psi, 2 il Psdi, uno ciascuno repubblicani e liberali).
L’era Protano comincia il 30 novembre del 1981, quando il consiglio provinciale elegge il primo presidente socialista della storia di Palazzo Dogana, ottemperando all’intesa che le forze politiche avevano raggiunto qualche settimana prima, e che prevedeva l’attribuzione del sindaco di Foggia alla Dc (sarà Gianni Mongiello) e della presidenza di Palazzo Dogana al Psi.
Alla vicepresidenza viene chiamato Carmine Tavano, democristiano, che qualche anno dopo diventerà sindaco del capoluogo. Nei nove anni successivi, Protano presiederà altre tre giunte: una per effetto delle elezioni dell’85, le altre due per verifiche politico-amministrative che, a metà di ciascuna consiliatura, porteranno a due rimpasti. La Giunta Protano II vedrà la vicepresidenza di Vittorio Salvatori, che lo affincherà anche nella Giunta Protano III, per essere avvicendato, nella Giunta Protano IV, da Armando Palmieri.
Tra gli altri assessori che condivideranno quasi tutto il decennio della presidenza Protano, il socialdemocratico Costantino Dell’Osso, il socialista Leonardo De Luca, il socialdemocratico Antonio Grosso.
È tuttavia un contesto molto complesso e critico, anche dal punto di vista della situazione economica, quello in cui Protano si troverà ad operare, da Presidente, rispetto a quello che lo aveva visto attivo come vicepresidente e come assessore.
Se gli anni Sessanta e Settanta sono stati ruggenti, per la Capitanata, il decennio Ottanta passa alla storia come il decennio debole. L’onda lunga della industrializzazione suscitata dalle partecipazioni statali sembra essersi esaurita: tra gli aspetti più qualificanti dell’attività amministrativa di Protano vi sarà proprio il tenace tentativo di arginare lo smantellamento produttivo ed industriale della Capitanata, anche attraverso i primi, importanti esperimenti di concertazione e di programmazione negoziata dell’economia locale.
Sembra essersi esaurita anche la spinta dei grandi investimenti polarizzati dalla Cassa per il Mezzogiorno, che in questi anni verrà chiusa, e le sue competenze trasferite alla Regione. Le grandi opere vengono lasciate a se stesse: una vicenda su tutti, quella della Diga di Occhito, che verrà collaudata soltanto decenni dopo il suo completamento (con grossi limiti alla capacità di invaso), a causa del mancato finanziamento del II lotto delle opere di sistemazione del Fortore, necessarie per consentire il cosiddetto “svaso rapido” del bacino artificiale. Protano si batterà con forza per ottenere i finanziamenti, che però non arriveranno mai. Il problema, come hanno dimostrato le disastrose alluvioni del 2006, è aperto ancora oggi.
Ma la chiave per capire le ragioni del decennio debole sta in un evento drammatico, il terremoto del 1980, che sconvolge l’Irpinia e la Basilicata.
Il pacchetto di iniziative messo a punto dal Governo per sostenere la ricostruzione e la reindustrializzazione trasferisce di fatto giganteschi investimenti nelle zone interne prossime alla Capitanata, che diventa perciò sempre meno concorrenziale nell’attrarre investimenti, all’interno di un sistema, pugliese e meridionale, in cui comincia a crescere la competizione tra i territori, tra i diversi “sviluppi locali”. Accade praticamente che il sistema di convenienze ed opportunità che negli anni Sessanta e Settanta aveva premiato la provincia di Foggia viene spostato altrove, mentre la Regione sembra guardare con maggiore interesse ad altre zone della Puglia (come il Salento). Inizia così quel processo di progressiva e crescente periferizzazione che vedrà la nostra terra annaspare, perdere terreno per molti anni ancora: una caduta verticale che verrà solo parzialmente frenata dalla programmazione negoziata degli anni Novanta.
Di tutto questo, Protano è assolutamente consapevole: la sua strategia di risposta è straordinariamente lucida, prima di tutto con riferimento al metodo di governo che applica a Palazzo Dogana. Se la Provincia - pensava il Presidente - intende veramente candidarsi ad essere l’ente di riferimento dello sviluppo e delle strategie anti-crisi, non può fare chiacchiere, occorre che sia, prima di tutto, un ente efficiente. Le molte cose che Protano è riuscito a realizzare sono state possibili proprio grazie al metodo, tutto improntato all’efficienza, così come aveva promesso il giorno della sua elezione
Avendo avuto la fortuna di lavorare al suo fianco, so bene che l’idea di efficienza messa in campo da Michele Protano è tutt’altro che un’astrazione. Si è sempre tradotta in impegno severo, coerenza rigorosa, dedizione quotidiana ai problemi.
Durante i nove anni trascorsi alla guida di Palazzo Dogana, Protano non lasciò mai lo studio medico che, dopo essersi trasferito da Peschici a Foggia, ne faceva uno dei medici di famiglia “massimalisti” del capoluogo dauno.
Trascurare i suoi pazienti non sarebbe stato nel suo stile. La sua incredibile giornata di lavoro lo vedeva aprire l’ambulatorio alle 8 del mattino, uscirne per raggiungere la Provincia alle 11. A Palazzo Dogana si tratteneva fino alle 15 circa. Un salto a casa per il pranzo, e alle 16 era di nuovo allo studio medico, fino alle 18.30, quando tornava in presidenza, per trattenersi fino alla conclusione della giornata lavorativa, che raramente finiva prima delle 22.
La fascia mattutina era riservata agli appuntamenti, agli incontri con i cittadini, con i sindacati. Per incontrarlo non c’era quasi mai bisogno di appuntamento: Protano c’era. Sempre. La fascia serale era dedicata al lavoro più strettamente amministrativo. Il Presidente firmava personalmente tutte le carte della Provincia: una scelta che provocò frizioni politiche anche profonde, da parte di assessori che si sentivano in qualche modo spodestati.
A distanza di anni, credo di poter dire che il Presidente non lo facesse né per sfiducia verso i suoi colleghi di Giunta, né per aggiungere poteri alla Presidenza (che all’epoca - giova ricordarlo - non aveva le stesse prerogative acquisite con la legge che prevede l’elezione diretta). Era il suo modo di prendersi cura dell’Amministrazione, innescato dalla stessa molla che scattava quando la sera, finito il lavoro, spegneva di persona che luci che funzionari e dipendenti avevano dimenticato accese, oppure presenziava a tutti (dico tutti) i tavoli romani nell’ambito delle tantissime vertenze che vedevano coinvolte la Provincia.
La stessa efficienza e la stessa dedizione pretendeva dai suoi collaboratori, sia politici che amministrativi. In questo fu parecchio agevolato dalle sue precedenti frequentazioni di Palazzo Dogana. Conosceva tutti in Provincia, dagli alti funzionari, agli uscieri, ai cantonieri, e per risolvere un problema si rivolgeva direttamente agli interessati, talvolta “scavalcando” assessori e dirigenti, che non ne erano propriamente felici.
Era però un eccellente antidoto ai tempi biblici della burocrazia, e della politica.
Quando il problema non veniva risolto nei tempi previsti, poteva succedere che venisse fuori l’aspetto burbero del carattere di Protano, e poteva scapparci qualche rimprovero a voce alta, che però non pregiudicava mai i rapporti umani, né aveva conseguenze sui rapporti contrattuali, che furono sempre eccellenti. Il personale voleva bene a Protano, che viene ancora oggi ricordato con affetto e con nostalgia da tutti quanti - segretario generale (che fu praticamente sempre Vincenzo De Stefano) dirigenti, funzionari, dipendenti - hanno collaborato con lui.
Sono questi gli anni in cui l’Ente Provincia comincia a cambiar pelle, per effetto delle deleghe che arrivano dalla Regione: l’amministrazione metabolizza con efficacia e tempestività il nuovo assetto istituzionale, attrezzandosi senza grosse difficoltà ad offrire i nuovi servizi, che si rivelano particolarmente utili nel settore della formazione professionale e in quello dell’agricoltura, dove la delicata congiuntura della siccità (è la Provincia ad occuparsi del riconoscimento dei danni e dell’erogazione delle provvidenze) viene affrontata con grande soddisfazione da parte degli utenti, che si vedono liquidate le loro spettanze in tempi più rapidi rispetto al passato.
La Provincia comincia così a ritagliarsi un ruolo significativo anche all’esterno di quelli che erano una volta i suoi compiti istituzionali: nell’ambito della sicurezza sociale, è tra i primi enti locali ad occuparsi di prevenzione di tossicodipendenze, con il “Progetto Vita”, attuato in collaborazione con i CMAS di Foggia e San Severo. Nell’ambito dell’agricoltura e della pesca, vengono sperimentate grazie alle funzioni delegate dalla Regione, iniziative innovative per l’elicicoltura e la mitilicoltura.
Pur essendo il primo presidente nella storia di Palazzo Dogana ad alzare la voce con la Regione, che spesso accusa di non tenere nel conto dovuto la Capitanata, Protano vede nelle “deleghe regionali” una importante opportunità per stabilire positivi rapporti di cooperazione istituzionale tra la Regione e la Provincia, che si va ormai sempre più configurando come ente intermedio.
Una delle più belle testimonianze della idea di Provincia vagheggiata da Michele Protano è il corpus organico di deleghe preparato da Franco Mercurio per conto dell’Ufficio Studi della Provincia. Una piattaforma che anticipa scelte che matureranno soltanto dopo diversi anni, e che il consiglio provinciale approva come disegno di legge regionale.
L’UNIVERSITÀ DI FOGGIA E LA STORICA MOBILITAZIONE
Fin dai miei primi incontri con Michele Protano sono rimasto molto colpito dalla sua lucidità nel tracciare i percorsi lungo i quali voleva s’incamminasse l’amministrazione; il saper dove andare: “Alla fine del mandato, mi riterrò soddisfatto se riusciremo a realizzare due sogni che ho in testa e nel cuore: l’Università a Foggia e la Superstrada del Gargano.”
L’occasione per cimentarsi con l’impegnativo banco di prova che il Presidente s’era dato, capita molto presto, sia sul versante dell’istituzione a Foggia del terzo centro universitario pugliese, sia su quello della superstrada del Gargano.
L’impegno della Provincia per l’Università rappresenta a tutt’oggi la pagina forse più alta di tutta la storia dell’ente di Palazzo Dogana. Va detto che il sogno veniva da lontano: storicamente, la prima amministrazione a porre ufficialmente il problema dell’Università era stata proprio la Provincia, nel 1968, quando era presidente Berardino Tizzani, e Protano faceva parte delll’esecutivo dell’avvocato di Manfredonia.
Quando Protano si insedia alla guida dell’amministrazione, da tempo non si parla più del sogno dell’ateneo foggiano. Improvvisamente, però, nell’aprile del 1982 si apre uno spiraglio: il Senato prende in esame una proposta di legge per il riequilibrio del sistema universitario nazionale, che prevede l’istituzione di nuove università in Piemonte, in Emilia Romagna e in Campania. Questa volta la classe dirigente pugliese e provinciale non si fa trovare impreparata e si batte unitariamente affinché nell’elenco delle regioni da ritenere prioritarie ai fini di nuovi insediamenti sia compresa anche la Puglia. L’emendamento viene approvato sia dall’assemblea di Palazzo Madama che da quella di Montecitorio. Adesso c’è però la lottare per vincere la concorrenza degli altri capoluoghi pugliesi sprovvisti di università, primo tra tutti Taranto.
Si tratta di costruire attorno all’università foggiana un progetto solido, serio, credibile, scientificamente inoppugnabile. Ed è così che ad ottobre, nel quartiere fieristico, durante la Campionaria autunnale, soltanto qualche settimana dopo l’approvazione definitiva del provvedimento sul riequilibrio del sistema universitario, la Provincia ed il Comune di Foggia danno vita alla Conferenza Provinciale per l’Università, che di fatto, disegna il modello su cui verrà poi concretamente ad articolarsi l’Università foggiana: le facoltà di giurisprudenza ed economia, necessarie ai fini del riequilibrio per decongestionare quelle baresi, quella di agraria, profondamente connessa all’identità del territorio, così come quella di lettere, la cui necessità e la cui attualità viene sostenuta nel memorabile discorso che conclude i lavori dal prof. Cosimo Damiano Fonseca, allora rettore dell’università della Basilicata. A sostenere invece la necessità di una facoltà di medicina è lo scienziato che si è sempre battuto con più tenacia per l’università foggiana, Luigi Imperati, socialista, fraterno amico del Presidente.
La conferenza, coordinata da Michele Protano e dal Sindaco del capoluogo, Gianni Mongiello (sia sulla questione universitaria, sia su tutti gli altri temi cardine dello sviluppo, marceranno sempre di comune intesa, legati da profonda stima ed amicizia) registra una straordinaria partecipazione, e si conclude con l’approvazione di un ordine del giorno in cui tutti, ma proprio tutti (parlamentari, consiglieri regionali, sindaci, partiti, istituzioni, forze sociali e culturali) rivendicano l’istituzione a Foggia del terzo centro universitario pugliese, ormai riconosciuto da una legge dello Stato. Si disegna nitidamente anche una prospettiva di lavoro: Protano propone la costituzione di un consorzio tra gli enti locali, mentre Mongiello indica nell’area dell’ex Ippodromo la sede del “campus”.
In attesa del consorzio (Protano e Mongiello firmeranno il protocollo d’intesa l’anno dopo, nel 1983) viene costituito il comitato “tecnico-politico” per l’università di Foggia, la cui presidenza viene affidata ad Imperati. Il comitato ha lo scopo di monitorare costantemente l’evoluzione dell’iter istitutivo, la questione ancora aperta della competizione tra Foggia e Taranto, ma soprattutto di costruire le precondizioni affinché, una volta istituita, l’università possa cominciare a funzionare nel migliore dei modi.
Per tagliare l’agognato traguardo bisognerà comunque attendere ancora molto tempo. Il 3 dicembre del 1989 è una giornata storica per la Capitanata e per l’Amministrazione Provinciale. È anche il giorno più significativo e importante della presidenza Protano, perché è quello che meglio descrive chi è stato e come ha lavorato il primo presidente socialista.
Il Consiglio Universitario Nazionale sta per dare il suo parere sul piano quadriennale per le nuove università che attuerà la legge di riequilibrio. Per quanto riguarda Foggia, il parere del CUN è negativo, nonostante il territorio si sia mosso con tempestività per assicurare l’humus giusto al nascente ateneo. Nel frattempo, il comitato tecnico-politico ha ceduto il posto al Consorzio Universitario voluto dalla Provincia: la presidenza è stata affidata a Costanzo Natale, insigne chirurgo come Imperati (di cui è stato allievo). Il Consorzio ha operato positivamente, varando perfino alcuni corsi decentrati da Bari, di economia e commercio.
La bocciatura del CUN gela gli animi, e Michele Protano decide che non c’è più tempo da perdere: bisogna scendere in piazza, chiamare a raccolta le popolazioni. La Provincia indice, per il 3 dicembre, appunto, una Giornata di mobilitazione popolare. Il Comune di Foggia aderisce alla iniziativa, ma non se la sente di promuoverla: effettivamente c’è il rischio concreto di rimediare una figuraccia, qualora la mobilitazione e la partecipazione popolare fossero scarse.
Protano decide di andare avanti lo stesso. È la prima volta, nella storia della Capitanata, che una manifestazione popolare viene indetta da un ente locale. Ed è un successo clamoroso: in piazza sfilano trentamila persone, soprattutto giovani, rivendicando il diritto di Foggia allo studio e all’Università. In testa al corteo non c’è solo la classe dirigente, ma anche il nuovo Arcivescovo, Mons. Giuseppe Casale, intellettuali, lavoratori.
Il coraggio del presidente della Provincia e l’entusiasmante risposta popolare si rivelano vincenti: qualche giorno dopo, ai primi di gennaio del 1989, il Ministero della Pubblica Istruzione ribalta il parere del CUN: nel piano quadriennale di sviluppo per le nuove università c’è anche Foggia. Il capoluogo dauno ottiene il corso di laurea in scienze delle produzioni alimentari e quelli di giurisprudenza ed economia e commercio, inizialmente “gemmati” dall’università di Foggia.
Il sogno è finalmente diventato realtà.
LA SUPERSTRADA DEL GARGANO
Un altro sogno tenacemente perseguito ed alla fine realizzato è quello che riguarda la ripresa dei lavori per la superstrada del Gargano. Nel 1981, quando Protano comincia il suo mandato, l’importante infrastruttura, propiziata da un progetto della Cassa per il Mezzogiorno sembra essere caduta nel dimenticatoio. C’è appena qualche finanziamento residuo per il versante meridionale. Nulla per quello settentrionale: manca perfino la progettazione. La superstrada ad anello, che collega il casello di Poggio Imperiale a Rodi, Vico Garganico, Peschici, Vieste e da qui Mattinata, Manfredonia e Foggia, è ancora soltanto un’idea, un sogno, appunto.
Il tronco già realizzato è stato determinante per migliorare i collegamenti tra le località turistiche del Gargano e il resto della dorsale adriatica. Ma restano ancora escluse realtà come Vico Garganico, Peschici e Vieste. Per sbloccare l’impasse, Protano ha un’idea: sottopone al Consiglio Provinciale, che l’approva, una delibera in cui si chiede la devoluzione delle risorse stanziate per la manutenzione del tratto già in esercizio, al completamento dell’arteria. L’Anas accoglie la proposta della Provincia, e inizia così quella lunghissima trafila che porterà non soltanto a progettare per la prima volta l’intero anello, ma anche alla costruzione di un nuovo lotto funzionale: quello che da Rodi Garganico porta oggi all’abitato di Vico, consentendo di superare la strozzatura che veniva prima provocata dall’attraversamento del centro storico di Rodi. Bastava che si incrociassero due roulottes per produrre ingorghi e rallentamenti: una situazione incompatibile con le aspirazioni turistiche di Peschici e di Vieste.
L’impegno per la costruzione di questa opera strategica per il futuro del Gargano e per la sua economia turistica è l’esempio più efficace della importanza del metodo Protano. Il Presidente era fermamente convinto che per ottenere una cosa, per risolvere un problema, non bastasse una delibera, o una lettera, o un ordine del giorno. Occorreva seguire il caso di persona, occuparsene tutti i giorni. Avendole raccontate come addetto stampa, possono essere testimone diretto delle decine di viaggi, incontri, riunioni, pressioni, telefonate che sono state necessarie prima che il nodo potesse venire sciolto.
Un esempio per tutti. Dopo ripetuti incontri con la direzione dell’Anas, il completamento della superstrada fino a Peschici ed a Vieste trovò finalmente posto nel programma decennale di opere messo a punto dall’azienda stradale nazionale. Occorreva, però, che il piano fosse approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. La Provincia di Foggia non aveva alcun titolo per parteciparvi, e in effetti non fu invitata. Protano si presentò lo stesso. Per la precisione si introdusse nella sala dove si svolgevano i lavori (se la memoria non mi tradisce, grazie alla preziosa complicità dell’allora presidente dell’Unione Province d’Italia, Gianvito Mastroleo) e di fronte agli stupefatti presidenti delle giunte regionali di tutt’Italia che gli chiedevano cosa volesse, rispose: “Sono venuto a rappresentarvi la necessità di un’opera fondamentale non soltanto per il Gargano, ma per il Mezzogiorno e tutta l’Italia.”
La Conferenza Stato-Regioni approvò la proposta dell’Anas, Protano applicò la stessa tecnica di pressing anche alla fase successiva, quando il piano approdò in Parlamento, ed in questo caso si rivelò decisivo l’interessamento e l’appoggio dell’on. Paolo De Caro, che presentò e si fece approvare l’emendamento necessario affinché la Superstrada del Gargano fosse compresa non soltanto nel piano decennale, ma anche nel programma stralcio che individuava le opere urgenti e prioritarie.
Ci sarebbero poi da raccontare i tanti altri incontri con l’amministrazione di Vico Garganico, perplessa sul tracciato originario del progetto, quelli con i tecnici Anas per convincerli a riprogettare il lotto secondo i desideri del consiglio comunale vichese... senza dire delle analoghe azioni di coordinamento e di mediazione intraprese sul versante meridionale, nei confronti dell’amministrazione di Mattinata.
Il punto è: se non ci fossero stati tutto questo gran daffare, tutto questo impegno, sarebbe mai stato realizzato quel lotto? Credo di no, e credo che dipenda anche dalla rarefazione di questo metodo se la Capitanata non è più riuscita ad ottenere vittorie così significative.
È questo il senso della politica del fare, del governare realizzando opere che ha contraddistinto tutta l’azione politica ed amministrativa di Michele Protano.
A volerle ricordare tutte, l’elenco sarebbe sterminato. Per restare in tema di grandi opere a sostegno dello sviluppo, non si può, però, fare a meno di ricordare il completamento della superstradaa Candela-Foggia, che era rimasto per anni bloccato; la realizzazione dei lungomare “Europa” e “Mattei” a Vieste, il recupero e la riqualificazione di Torre Montepucci, a Peschici; la Mostra per l’Artigianato Dauno, la costruzione dell’Omnisport e della cittadella scolastica, a Vieste; la cantierizzazione dei lavori di costruzione della Pedesubappenninica, il completamento dell’albergo rifugio “Pan” nel bosco San Cristoforo, a San Marco La Catola, che fu importante per la valorizzazione turistica dell’Appennino Dauno, le iniziative per restituire la funzionalità all’aeroporto Gino Lisa di Foggia (attraverso la costituzione del Consorzio per il Gino Lisa, il varo del collegamento con le Isole Tremiti, e il ruolo della società aeroportuale pugliese, che allora si chiamava SEAP, del cui consiglio di amministrazione Protano fu un componente sempre diligente ed attento).
Ognuna di queste opera ha una sua storia da raccontare, quasi tutte affini a quelle dell’Università e della Superstrada del Gargano: prima o poi bisognerà farlo, perché sono un monumento all’impegno, alla passione, alla tenacia di Protano.
LA PROVINCIA A DIFESA DELL’ECONOMIA
Sono invece opere sicuramente molto più immateriali quelle che hanno punteggiato il mandato del presidente socialista sul versante dell’economia, e dello sviluppo. Si è già detto della congiuntura drammatica che accompagnò tutti quegli anni, e che fu resa ancora più grave dal ripetersi di calamità atmosferiche, come la siccità, che imperversò per diverse stagioni, decimando i raccolti. Non vi fu alcuna delle tantissime vertenze che in quegli anni angustiarono il mondo del lavoro, che non abbia visto il Presidente al fianco dei sindacati e delle maestranze.
Protano comprende subito che quell’addensarsi di così tante vertenze che scuotono l’intero apparato industriale provinciale (Enichem Agricoltura, Fildaunia, Buitoni, i due Zuccherifici, Cucirini Cantoni Coats, Industria Resine Biccari) sono il segno di un malessere strutturale, e non solo di una congiuntura avversa. Vengono al pettine i nodi di uno sviluppo disequilibrato e distorto, che paga lo scotto di scelte e decisioni maturate troppo lontano dalla Capitanata per poter essere rispettose delle concrete vocazioni ed identità territoriali.
La consapevolezza della gravità della situazione si trova espressa a chiare lettere nella relazione al bilancio del 1983, che significativamente è intitolata Dalla Nuova Provincia un diverso modello di sviluppo per la Capitanata. Il bilancio nasce dopo una capillare consultazione con le forze economiche, produttive, sociali e culturali: “Abbiamo sentito il bisogno, in un momento così delicato per la nostra economia, di confrontarci seriamente e democraticamente con le forze più rappresentative della società dauna - afferma Protano-. Con questa consultazione abbiamo voluto non solo ascoltare queste forze, per stendere assieme una mappa ragionata dei problemi della nostra provincia, ma anche avviare un’azione di coordinamento delle diverse energie, anticipare quella nuova Provincia che pone il nostro ente come momento essenziale di programmazione e coordinamento.”
È l’atto di nascita di una Provincia diversa dal passato. Dice ancora il Presidente: “Si tratta di inventare, con tutto l’impegno politico e la fantasia amministrativa di cui siamo capaci, quell’ente intermedio la cui azione appare più che mai necessaria oggi per la Capitanata, affinché si riesca a convogliare tutte le risorse disponibili verso l’obiettivo della ripresa economica.”
È anche l’atto di nascita di una concertazione ante litteram, metodologicamente diversa da quella che negli anni Novanta sorreggerà poi la programmazione negoziata, ma non meno pregnante dal punto di vista politico: “noi pensiamo che sia oggi più che mai necessario mettere assieme gli sforzi di tutti per pervenire a un nuovo modello di sviluppo, più attento alle risorse già esistenti nel territorio. È in questa direzione che si situa la costituzione della Conferenza Provinciale permanente per lo Sviluppo e l’Occupazione, che abbiamo proposto all’indomani delle consultazioni sul bilancio, recependone alcune indicazioni. Su tratta di rendere permanente la pratica della consultazione con le realtà istituzionali economiche sociali e culturali della nostra provincia, per lavorare tutti insieme attorno alla definizione di un nuovo modello di sviluppo per la nostra economia.”
La Conferenza vedrà la luce l’11 marzo del 1984, soltanto qualche settimana dopo la presentazione da parte della confederazione unitaria Cgil, Cisl e Uil della piattaforma per la “Vertenza Capitanata”. Il 12 luglio la Conferenza per lo Sviluppo e l’Occupazione, scortata da centinaia di lavoratori che protestano rumorosamente in via Capruzzi, viene ricevuta a Bari dal Presidente della Giunta Regionale, Trisorio Liuzzi, cui viene presentata la “Vertenza Capitanata”. Nè la Conferenza, né la Vertenza Capitanata riusciranno però a decollare. Avranno comunque il merito di creare un ambiente, un humus su cui - anni più tardi - andranno ad innestarsi la concertazione, e la programmazione negoziata.
Protano affianca e sostiene la Conferenza con una robusta serie di iniziative sia politiche che culturali. A testimonianza di un ruolo della comunicazione non limitato al solo aspetto dell’informazione, l’Ufficio Stampa avvia una collana editoriale che significativamente si intitola Materiali per lo sviluppo, in cui viene tra l’altro pubblicato, a cura di Federico Pirro, l’aggiornamento del “Progetto Capitanata Anni Ottanta” realizzato qualche anno prima dalla giunta Kuntze, con il titolo emblematico di “Caso Capitanata.”
Non mancano momenti pubblici di notevole caratura. Nel mese di marzo dell’86, la Provincia promuove un convegno per presentare i nuovi strumenti di intervento nel Mezzogiorno: la legge “64”, promulgata da qualche settimana, e la “44”, destinata all’imprenditorialità giovanile, con l’intervento del Ministro per il Mezzogiorno, Salverino De Vito, del segretario nazionale della Uil, Giorgio Benvenuto, e dei deputati Mimì Romano, Vincenzo Russo e Giuseppe Vignola.
Protano tentò anche di impegnare direttamente l’Ente Provincia in iniziative a sostegno dello sviluppo economico. La più qualificata e la più innovativa fu il Business and Innovation Centre (BIC) promosso d’intesa con il Consorzio Asi e con la società Sprind, che aveva applicato questo modello già nella realtà industriale di Giovinazzo. Il centro di impresa e di innovazione, che aveva lo scopo di promuovere la riconversione tecnologica e l’innovazione delle imprese, propiziando contemporaneamente nuova imprenditorialità attraverso “capannoni incubatori”, ottenne l’adesione della CEE quasi contemporaneamente (era il dicembre del 1986) ad un altro importante risultato strappato dalla Provincia a difesa dell’economia. Il parlamento approva un provvedimento che estende i benefici e le sovvenzioni della reindustrializzazione delle aree terremotate anche al versante pugliese e dauno. Ma potrà beneficiare dei finanziamenti soltanto la valle del Calaggio e non, come avevano chiesto Protano ed il consiglio provinciale, tutti i comuni dell’Appennino Dauno danneggiati dal sismea del 1980.
L’ultima grande uscita pubblica dell’amministrazione Protano si ha alla fine del 1989, al culmine di un autunno caldissimo dal punto di vista sindacale: la Buitoni minaccia il licenziamento delle maestranze se non verrà garantito l’intervento Gepi; qualche mese prima, dopo una relazione sull’impatto ambientale delle nuove linee di produzione del caprolattame, era riesplosa la questione dell’Enichem; altre dure vertenze attraversavano il settore edile, e quello lapideo.
In questo contesto la Provincia promuove la Conferenza Provinciale delle Partecipazioni Statali, che non può tuttavia fare altro che certificare la fine, ormai irreversibile, del ruolo che l’industria pubblica e a partecipazione statale aveva rivestito per l’industrializzazione della provincia di Foggia: lo scenario industriale della Capitanata registra, ormai, soltanto dismissioni e privatizzazioni.
PROTANO, AUTONOMIA ED AUTONOMISMO SOCIALISTA
In questo contesto, punteggiato da forti criticità, si avvia a conclusione il mandato di Michele Protano. La crisi della politica, che avrebbe di lì a poco segnato la fine della prima repubblica, si fa sentire anche a Palazzo Dogana ma - vale la pena sottolinearlo con forza - senza neanche uno degli episodi di malaffare che avrebbero riempito le cronache dei giornali. Tangentopoli non lambisce nemmeno Palazzo Dogana.
È una crisi più interna, sottile, che si riflette in un forzato immobilismo dell’Amministrazione, proprio negli ultimi mesi del mandato.
La Democrazia Cristiana non vuol più saperne della presidenza socialista: gli assessori non si presentano più alle sedute della Giunta, che non può dunque riunirsi per molte settimane. Stanno cominciando le prove generali del compromesso storico, dell’abbraccio con il Partito Comunista, alle prese a sua volta con il crollo del muro di Berlino, con la svolta di Occhetto, e con la crisi d’ identità che porterà al Pds e poi alla Cosa Due.
Ci sarebbero forse le condizioni per tentare la formazione di una giunta di sinistra, e Protano ci pensa seriamente, nel tentativo di scardinare il forzato immobilismo cui è costretto dalla Dc. Ma trova la saracinesca abbassata.
In queste settimane drammatiche, c’è tutto il senso - il fascino ed il limite - di quella esperienza di autonomia socialista alla guida della Provincia di Foggia, di cui Protano è stato il grande interprete. Non è per niente facile governare quando non si è espressione di un partito maggioritario. E lo è ancora di meno quando, come Protano, si preferisce il fare ed il decidere, rispetto alla ricerca del compromesso, della trattativa, e si è sovente costretti a fare a spallate sia con il partner più forte della maggioranza (la Dc), sia con il maggior azionista della minoranza (il Pci). È il prezzo che si paga a quell’autonomismo che sta scolpito nel dna del socialismo italiano. Ma vite come quella di Michele Protano dimostrano che non era poi così impossibile il sogno vagheggiato da Bettino Craxi, di un socialismo che diventasse maggioranza in seno al centrosinistra, e nel Paese.
L’ultimo atto dell’era Protano è quanto mai significativo, perfino simbolico. Dopo molte settimane di paralisi, la Giunta si riunisce una volta sola, per espressa sollecitazione del Prefetto: l’amministrazione deve pronunciarsi sull’autorizzazione richiesta dall’Enichem di Manfredonia per l’esercizio delle vasche per il caprolattame. È un argomento spinosissimo. Dopo le violentissime polemiche esplose sulla Deep Sea Carrier, la nave dei veleni che si temeva dovessero essere stoccati presso l’Enichem, la popolazione di Manfredonia è stufa dell’industria petrolchimica a pochi a passi dall’abitato. La vicenda della Deep Sea Carrier è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il timore è che le vasche del caprolattame vengano adibite ad usi impropri (come lo stoccaggio di sostanze tossiche). Dal canto loro, i vertici dello stabilimento minacciano la chiusura se l’autorizzazione con verrà concessa. Protano ha sempre tuonato contro quello stabilimento, accusandolo di aver pregiudicato il paesaggio garganico e di aver portato l’intera provincia verso un modello di sviluppo distorto, e non attento alla risorse ed alle compatibilità territoriali.
Ma ancora una volta in lui prevale l’attenzione per il lavoro, la consapevolezza che, prima di tutto, occorre difendere i livelli occupazionali. La Giunta Provinciale concederà l’autorizzazione. Quelle vasche non enteranno mai in esercizio, ma la delibera rappresenterà un passaggio decisivo, nelle relazioni sindacali, per aprire una prospettiva nuova per Manfredonia, e per l’intero comparto industriale della Capitanata. Scongiurata la chiusura dello stabilimento, infatti, riprenderanno le trattative che di lì a poco porteranno al protocollo d’intesa da cui scaturiranno la smobilitazione pilotata dell’Enichem, il contratto d’area e il risanamento ambientale. Intanto, la consiliatura volge al termine, si va alle urne.
Il laboratorio del compromesso storico mandato in scena da democristiani e pidiessini verrà chiuso presto. La X consiliatura passerà alla storia come una delle più tormentate di Palazzo Dogana con l’avvicendarsi di quattro giunte in quattro anni: il tripartito Dc-Psdi-Pli presieduto per qualche mese da Armando Palmieri, la giunta a quattro Dc-Pci-Psdi-Pli guidata per un anno da Giulio Miccoli, il ritorno alla presidenza socialista, questa volta affidata a Teodoro Moretti, che prima capeggia una giunta di centrosinistra, quindi una di sinistra, fino allo scioglimento anticipato del consiglio.
Michele Protano va invece a guidare la lista socialista alle elezioni comunali del capoluogo, ottenendo un ottimo successo personale, che vale ad attestare quanto la Provincia sia ormai entrata nel cuore dei cittadini. Siederà come vicesindaco ed assessore al patrimonio e alle municipalizzazioni nella giunta presieduta da Salvatore Chirolli distinguendosi per un ambizioso tentativo di riordinare il patrimonio comunale, e di dare vita ad un’azienda municipalizzata unica, per razionalizzare le spese: tema, ancor oggi, di grande attualità.
La seconda repubblica non lo vedrà tra i protagonisti, nonostante il tentativo dell’amico Francesco Colucci, ex esponente di spicco del Psi milanese, approdato a Forza Italia, di convincerlo ad accettare la candidatura al collegio della Camera nel 1994, nel centrodestra: “Sono sempre stato socialista, e credo che la casa dei socialisti stia nel centrosinistra.”
Michele Protano è stato un formidabile campione di “quel” centrosinistra, che ha scritto pagine importanti nella storia del Paese, e della Capitanata. “È stato un gigante”, per usare le commosse parole pronunciate alla notizia della morte di Protano, da Paolo Agostinacchio, uno che non può essere certamente sospettato di simpatie verso il centrosinistra. Se la politica - soprattutto la politica di oggi - non avesse la memoria così corta e la vista così miope, non sarebbe difficile (e sarebbe, anzi, doveroso) rintracciare nell’opera e nel metodo di governo di Protano, i tratti costitutivi e fondanti anche di “questo” centrosinistra.
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