Accertare le vittime del 1943: meglio la commissione della petizione
È pienamente legittimo e condivisibile il desiderio di dare un nome alle vittime dei bombardamenti anglo-americani dell'estate del '43 su Foggia "perché a 70 anni dal tragico evento bellico si possa fare piena luce sul numero delle vittime per onorarle e ricordarle degnamente."
Data la delicatezza dell'argomento e l'irresolutezza della questione, è tuttavia il caso di procedere con i piedi di piombo. A volte, il "fare per fare" può essere un rimedio peggiore del male.
Il virgolettato dell'incipit è tratto dal testo di una petizione on line che circola in questi giorni nei social network. E già lo strumento che si vorrebbe utilizzare - la solita petizione on line su cui qualche settimana fa Cesare Rizzi ha giustamente manifestato fondate perplessità - non pare del tutto adeguato: petizione a chi? e per fare che? Sarebbe stato il caso di finalizzare meglio la raccolta di firme.
Ribadisco, a scanso di equivoci. L'iniziativa è in se stessa apprezzabile, perché stimola la coscienza collettiva, perché intende colmare una cesura, un vuoto della memoria cittadina, la cui percezione (ed anche questo è un elemento positivo) è stata ravvivata dalle celebrazioni del settantesimo anniversario della tragica estate del 1943.
È suggestiva anche l'idea di chiedere a quanti sottoscrivono la petizione, laddove conoscano nomi dei caduti sotto le bombe alleate, di comunicarlo ai promotori: raccogliere nomi, storie, testimonianze è un utilissimo strumento per creare una public history della città, che trova alcuni suoi momenti topici proprio negli eventi bellici e nella successiva, titanica ricostruzione. Il promotore dell'iniziativa, Antonio Sereno, è un intellettuale, regista e uomo di teatro, che sta dando un contributo formidabile alla ricostruzione della memoria.
Il problema è che una raccolta di dati on line non può sostituirsi agli archivi comunali, la cui attendibilità rappresenta il vero nocciolo della questione. Come mai, ancora oggi, non si è riusciti a superare l'infinita querelle circa l'esatto numero delle vittime?
Mi è stato riferito che alcune settimane fa uno storico scrupoloso come Franco Mercurio ha rilanciato il problema, sostenendo la necessità di ricerche ed indagini più approfondite negli archivi di Palazzo di Città per venire a capo una volta per tutte del problema e dare un nome ed un numero ai morti del 1943. Ma se si tratta di un'operazione così semplice, perché non è mai stata fatta? Per pigrizia? Per timore? Per sciatteria?
Vista la sua competenza in materia di archivi storici (è il responsabile di quello di Palazzo Dogana) e la sua conoscenza di Palazzo di Città (è stato assessore comunale ai lavori pubblici), se Franco Mercurio afferma che un'indagine del genere è fattibile, è da qui che bisogna partire, sollecitando in primis l'amministrazione comunale a fare quanto di sua competenza.
D'altra parte, i problemi dell'esatto conteggio delle vittime sono nati proprio per l'ondivago comportamento tenuto dal Comune, come viene dettagliatamente puntualizzato sulla voce che Wikipedia dedica ai Bombardamenti di Foggia.
L'ultimo paragrafo riguarda proprio Gli interrogativi sul numero delle vittime.
Lo incollo integralmente, per dare modo ai lettori di Lettere Meridiane di farsi un'opinione approfondita sulla interminabile diatriba.
"Per completezza d'informazione - vi si legge - occorre ricordare che non vi è un consenso unanime da parte degli storici sul numero delle vittime. Prima di tutto a Foggia non è mai stato effettuato un calcolo con un criterio rigoroso del numero dei morti per effetto dei bombardamenti. In Germania ad esempio per mettere fine alle polemiche sui bombardamenti di Dresda venne creata nel 2004 una commissione indipendente che nel 2009 ha pubblicato le conclusioni stimando in 25.000 le vittime, fino ad allora si erano rincorse le voci più disparate: le valutazione andavano da 35.000 a 200.000 morti. A Foggia la cifra di 20.298 o 20.292 vittime proviene da una stima, probabilmente sommaria, effettuata dal Comune nel 1954 in occasione della posa della prima pietra della Cappella Ossario che doveva accogliere i resti delle vittime; il progetto di procedere ad un esatto conteggio dei corpi presenti nelle fosse comuni non venne mai portato a termine anche a causa del fatto che i lavori della Cappella si prolungarono per 13 anni. Di sicuro esistono solo le cifre ufficiali dell'Istat relative all'Italia che fanno nascere molti interrogativi. Secondo il rapporto "Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45", pubblicato dall'Istituto Centrale Statistica nel 1957 e riportato in Conteggio delle vittime della seconda guerra mondiale per nazione, in Italia i morti civili per attacchi aerei sono stati 61.432 di cui 42.613 dopo l'armistizio). Dunque in Italia ci sarebbero stati 18.819 civili deceduti per i bombardamenti fino all'8 settembre 1943, un numero dunque inferiore a quello delle vittime della città di Foggia nello stesso periodo. I dati sono in evidente contrasto anche perché in quei mesi vi furono altre città come Napoli, Roma, Salerno, Palermo, Messina che subirono pesanti bombardamenti con migliaia di civili deceduti. Un altro dato certo è che il Comune di Foggia da un lato dichiarava che nell'aprile del 1945 risultavano residenti 20.026 persone in meno rispetto all'inizio della guerra e dall'altro riferiva che nel 1943 vi erano state solo 974 denunce di morte. Su questo argomento dunque vi sono ancora molti aspetti non secondari da chiarire."
Interessante l'esperienza della commissione indipendente sperimentata a Dresda per far luce sul numero delle vittime. E se si facesse qualcosa del genere anche a Foggia? Ecco, una petizione indirizzata ad un obiettivo del genere avrebbe forse una maggiore efficacia.
Va anche ricordato che una decina d'anni fa, rispondendo ad una interrogazione parlamentare l'allora ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, parlò, per quanto riguarda Foggia, di numerosissime vittime, rifacendosi proprio ai dati comunali.
"Numerosissime furono le vittime civili - ebbe a dire Giovanardi -, come dimostra il depauperamento della popolazione scesa a 63.973 abitanti, stimati al 31 dicembre 1945, rispetto ai 79.127 del 31 luglio 1943." Se il Ministro non si è preso la briga di fare la sottrazione (che comunque dà un saldo negativo di 15.154 abitanti) non è certo per pigrizia.
Il dato, pur impressionante, è infatti comunque molto, molto parziale in quanto l'arco di tempo considerato può dare un risultato soltanto approssimativo. La data iniziale - il 31 luglio - non può evidentemente dar conto dell'effettivo numero dei caduti sotto le bombe sganciate durante i bombardamenti di maggio, giugno e luglio, così come quella finale - fine 1945 - non può dar conto del numero preciso di quanti non risultavano più iscritti all'anagrafe, ma per cause diverse dalla morte, per esempio per essere emigrati.
Una fonte ufficiale come il Ministro Giovanardi sembra comunque attestare la gravità assoluta dei fatti bellici di Foggia. Se da un lato l'esponente del Governo non conferma la "perdita di oltre ventimila cittadini" di cui si parla nella motivazione della Medaglia d'oro al valor civile concessa alla città di Foggia, dall'altro colloca il capoluogo dauno al primo posto tra le città di cui si occupa nella risposta (per le quali utilizza i dati dell'Istat: Roma n. 8.602; Milano n. 4.894; Torino n. 5.611; Genova n. 3.586; Firenze n. 4.781; Bari n. 796; Bologna n. 7.573; Napoli n. 5.611).
Ne La città spezzata. Foggia, quei giorni del '43, l'autore, Antonio Guerrieri auspica che "qualcuno faccia ancora seria ricerca e studi il problema usando fonti sicure di documentazione."
Ma il volume, che rappresenta a tutt'oggi il libro più bello e completo che sia stato scritto sulla tragica estate foggiana, si conclude con un brano struggente, estratto da un articolo pubblicato dal Notiziario del Comune di Foggia, di straordinaria attualità: "Il caos di una guerra non potrà mai fornire cifre in assoluto o definitive. In guerra e in una città distrutta, la conta dei morti non si fa al Cimitero e sui registri anagrafici. I morti di Foggia furono migliaia, molte migliaia: in ogni caso tanti da spaventare terribilmente i superstiti. Esiste una verità storicamente già acquisita. Questa verità ci dice che, cinquemila o ventimila, fu ugualmente altissimo il prezzo pagato da una città che ha avuto il solo torto di diventare improvvisamente e tremendamente importante nell'ora della paura e della morte."
Data la delicatezza dell'argomento e l'irresolutezza della questione, è tuttavia il caso di procedere con i piedi di piombo. A volte, il "fare per fare" può essere un rimedio peggiore del male.
Il virgolettato dell'incipit è tratto dal testo di una petizione on line che circola in questi giorni nei social network. E già lo strumento che si vorrebbe utilizzare - la solita petizione on line su cui qualche settimana fa Cesare Rizzi ha giustamente manifestato fondate perplessità - non pare del tutto adeguato: petizione a chi? e per fare che? Sarebbe stato il caso di finalizzare meglio la raccolta di firme.
Ribadisco, a scanso di equivoci. L'iniziativa è in se stessa apprezzabile, perché stimola la coscienza collettiva, perché intende colmare una cesura, un vuoto della memoria cittadina, la cui percezione (ed anche questo è un elemento positivo) è stata ravvivata dalle celebrazioni del settantesimo anniversario della tragica estate del 1943.
È suggestiva anche l'idea di chiedere a quanti sottoscrivono la petizione, laddove conoscano nomi dei caduti sotto le bombe alleate, di comunicarlo ai promotori: raccogliere nomi, storie, testimonianze è un utilissimo strumento per creare una public history della città, che trova alcuni suoi momenti topici proprio negli eventi bellici e nella successiva, titanica ricostruzione. Il promotore dell'iniziativa, Antonio Sereno, è un intellettuale, regista e uomo di teatro, che sta dando un contributo formidabile alla ricostruzione della memoria.
Il problema è che una raccolta di dati on line non può sostituirsi agli archivi comunali, la cui attendibilità rappresenta il vero nocciolo della questione. Come mai, ancora oggi, non si è riusciti a superare l'infinita querelle circa l'esatto numero delle vittime?
Mi è stato riferito che alcune settimane fa uno storico scrupoloso come Franco Mercurio ha rilanciato il problema, sostenendo la necessità di ricerche ed indagini più approfondite negli archivi di Palazzo di Città per venire a capo una volta per tutte del problema e dare un nome ed un numero ai morti del 1943. Ma se si tratta di un'operazione così semplice, perché non è mai stata fatta? Per pigrizia? Per timore? Per sciatteria?
Vista la sua competenza in materia di archivi storici (è il responsabile di quello di Palazzo Dogana) e la sua conoscenza di Palazzo di Città (è stato assessore comunale ai lavori pubblici), se Franco Mercurio afferma che un'indagine del genere è fattibile, è da qui che bisogna partire, sollecitando in primis l'amministrazione comunale a fare quanto di sua competenza.
D'altra parte, i problemi dell'esatto conteggio delle vittime sono nati proprio per l'ondivago comportamento tenuto dal Comune, come viene dettagliatamente puntualizzato sulla voce che Wikipedia dedica ai Bombardamenti di Foggia.
L'ultimo paragrafo riguarda proprio Gli interrogativi sul numero delle vittime.
Lo incollo integralmente, per dare modo ai lettori di Lettere Meridiane di farsi un'opinione approfondita sulla interminabile diatriba.
"Per completezza d'informazione - vi si legge - occorre ricordare che non vi è un consenso unanime da parte degli storici sul numero delle vittime. Prima di tutto a Foggia non è mai stato effettuato un calcolo con un criterio rigoroso del numero dei morti per effetto dei bombardamenti. In Germania ad esempio per mettere fine alle polemiche sui bombardamenti di Dresda venne creata nel 2004 una commissione indipendente che nel 2009 ha pubblicato le conclusioni stimando in 25.000 le vittime, fino ad allora si erano rincorse le voci più disparate: le valutazione andavano da 35.000 a 200.000 morti. A Foggia la cifra di 20.298 o 20.292 vittime proviene da una stima, probabilmente sommaria, effettuata dal Comune nel 1954 in occasione della posa della prima pietra della Cappella Ossario che doveva accogliere i resti delle vittime; il progetto di procedere ad un esatto conteggio dei corpi presenti nelle fosse comuni non venne mai portato a termine anche a causa del fatto che i lavori della Cappella si prolungarono per 13 anni. Di sicuro esistono solo le cifre ufficiali dell'Istat relative all'Italia che fanno nascere molti interrogativi. Secondo il rapporto "Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45", pubblicato dall'Istituto Centrale Statistica nel 1957 e riportato in Conteggio delle vittime della seconda guerra mondiale per nazione, in Italia i morti civili per attacchi aerei sono stati 61.432 di cui 42.613 dopo l'armistizio). Dunque in Italia ci sarebbero stati 18.819 civili deceduti per i bombardamenti fino all'8 settembre 1943, un numero dunque inferiore a quello delle vittime della città di Foggia nello stesso periodo. I dati sono in evidente contrasto anche perché in quei mesi vi furono altre città come Napoli, Roma, Salerno, Palermo, Messina che subirono pesanti bombardamenti con migliaia di civili deceduti. Un altro dato certo è che il Comune di Foggia da un lato dichiarava che nell'aprile del 1945 risultavano residenti 20.026 persone in meno rispetto all'inizio della guerra e dall'altro riferiva che nel 1943 vi erano state solo 974 denunce di morte. Su questo argomento dunque vi sono ancora molti aspetti non secondari da chiarire."
Interessante l'esperienza della commissione indipendente sperimentata a Dresda per far luce sul numero delle vittime. E se si facesse qualcosa del genere anche a Foggia? Ecco, una petizione indirizzata ad un obiettivo del genere avrebbe forse una maggiore efficacia.
Va anche ricordato che una decina d'anni fa, rispondendo ad una interrogazione parlamentare l'allora ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, parlò, per quanto riguarda Foggia, di numerosissime vittime, rifacendosi proprio ai dati comunali.
"Numerosissime furono le vittime civili - ebbe a dire Giovanardi -, come dimostra il depauperamento della popolazione scesa a 63.973 abitanti, stimati al 31 dicembre 1945, rispetto ai 79.127 del 31 luglio 1943." Se il Ministro non si è preso la briga di fare la sottrazione (che comunque dà un saldo negativo di 15.154 abitanti) non è certo per pigrizia.
Il dato, pur impressionante, è infatti comunque molto, molto parziale in quanto l'arco di tempo considerato può dare un risultato soltanto approssimativo. La data iniziale - il 31 luglio - non può evidentemente dar conto dell'effettivo numero dei caduti sotto le bombe sganciate durante i bombardamenti di maggio, giugno e luglio, così come quella finale - fine 1945 - non può dar conto del numero preciso di quanti non risultavano più iscritti all'anagrafe, ma per cause diverse dalla morte, per esempio per essere emigrati.
Una fonte ufficiale come il Ministro Giovanardi sembra comunque attestare la gravità assoluta dei fatti bellici di Foggia. Se da un lato l'esponente del Governo non conferma la "perdita di oltre ventimila cittadini" di cui si parla nella motivazione della Medaglia d'oro al valor civile concessa alla città di Foggia, dall'altro colloca il capoluogo dauno al primo posto tra le città di cui si occupa nella risposta (per le quali utilizza i dati dell'Istat: Roma n. 8.602; Milano n. 4.894; Torino n. 5.611; Genova n. 3.586; Firenze n. 4.781; Bari n. 796; Bologna n. 7.573; Napoli n. 5.611).
Ne La città spezzata. Foggia, quei giorni del '43, l'autore, Antonio Guerrieri auspica che "qualcuno faccia ancora seria ricerca e studi il problema usando fonti sicure di documentazione."
Ma il volume, che rappresenta a tutt'oggi il libro più bello e completo che sia stato scritto sulla tragica estate foggiana, si conclude con un brano struggente, estratto da un articolo pubblicato dal Notiziario del Comune di Foggia, di straordinaria attualità: "Il caos di una guerra non potrà mai fornire cifre in assoluto o definitive. In guerra e in una città distrutta, la conta dei morti non si fa al Cimitero e sui registri anagrafici. I morti di Foggia furono migliaia, molte migliaia: in ogni caso tanti da spaventare terribilmente i superstiti. Esiste una verità storicamente già acquisita. Questa verità ci dice che, cinquemila o ventimila, fu ugualmente altissimo il prezzo pagato da una città che ha avuto il solo torto di diventare improvvisamente e tremendamente importante nell'ora della paura e della morte."
Commenti
La raccolta di testimonianze è e resta sempre occasione preziosa e ricca, perché restituisce dati e fatti spesso inediti, molto personali e quindi carichi di densità emotiva, elemento non altrimenti rintracciabile; essa va, però, criteriata. Il problema è la gestione corretta dei dati: una volta raccolti i preziosi nominativi segnalati dai cittadini, non si dovrebbe correrre il rischio di considerare quei dati come un valore assoluto, come parametro per colmare il vuoto che la città si trascina da settant’anni.
Se, però, in mancanza di cifre assolute, i nomi riescono a riempire un vuoto di memoria collettiva, a risanare un disagio storico, ben vengano quei nomi.
Il mio auspicio è per iniziative sempre più precise, coordinate e partecipate, da qualunque soggetto provengano. Desidero, in conclusione, citare le parole di Alberto Perrone a Vittorio Salvatori tratte da un notiziario del Comune del 1967, esse restituiscono alla dignità del dolore di un popolo le ragioni di un silenzio lungo settant’anni:” “Il sacrificio, soprattutto di vite umane, che con tragico privilegio, Foggia ha subito durante l’ultima guerra…è poco conosciuto dagli italiani, e ciò per la natura stessa, così schiva, della nostra popolazione che, in tutti i tempi, ha curato da sola, in operoso silenzio, le sue ferite”.