I bombardamenti diventano poema: La mia città martoriata di Gianni Ruggiero


Non sono stati molti, i commenti al post in cui sottolineavo l'opportunità di avviare, a partire dalle celebrazioni del settantesimo anniversario della tragica estate del 1943, una public history foggiana, fondata proprio sull'evento - i bombardamenti - che ha maggiormente contribuito a cancellare memoria e identità del capoluogo dauno.
Mi hanno colpito in modo particolare quelli di Nico Baratta, giornalista free lance che affida a facebook e al web le sue battaglie civili, e di Tommaso Palermo, autore di un recente libro e promotore di una mostra di cimeli sui bombardamenti.
Riprendendo un passaggio della mia nota su Lettere Meridiane, Nico Baratta scrive:  «I bombardamenti non distrussero soltanto vite umane e palazzi. Uccisero la memoria, e con essa, annichilirono pezzi consistenti di identità.» Parole che sono contemporanee, che dovrebbero far riflettere chi da anni ci ha condannati al ritorno di quei tristi anni. Ricostruire Foggia non sarà semplice, ma lo si può fare unendo le forze con le giuste persone. I foggiani dovrebbero comprenderlo se vogliono consegnare la nostra cara amata città di Foggia ai loro, e nostri, figli.

Se Baratta si sofferma sull'importanza del recupero della memoria, ai fini della ri-costruzione dell'identità perduta, Tommaso Palermo da dritto al cuore della questione: "Ricordo la tua idea di fondere le risorse in una narrazione collettiva: la "public history" come un racconto di tutti, come sforzo comune. Questo, purtroppo, non lo si riesce ancora a fare, eppure doveva avvenire. Speriamo che cresca la stima reciproca e la collaborazione fra i sostenitori della memoria. Potevamo fare di più, decisamente."
Condivido tanto l'intervento di Nico Baratta, quanto quello di Tommaso Palermo. Di Tommaso apprezzo in modo particolare il pathos. Non sono d'accordo soltanto con lo scoramento che sembra trasparire dal suo intervento. La sinergia tra i diversi cercatori di memoria "doveva avvenire", scrive Palermo. Io sono convinto che può ancora farsi, anzi che deve farsi, proprio se chi crede nell'idea non si farà abbattere dalle querelle che di solito punteggiano la strada di quanti, dalle nostre parti, cercano di tessere reti e relazioni.
E tanto per ribadire il concetto, ecco un altro straordinario documento che sta a indicarci che una public history dei bombardamenti è possibile, anzi doverosa. Me lo ha segnalato Nazario Tartaglione, l'ideatore e il promotore di quel grande esperimento di recupero dell'identità e dell'anima popolare, che è il Canzoniere di San Severo. Nazario mi ha mandato il link (e lo ringrazio) del Poema per la mia città martoriata di Gianni Ruggiero, un bell'esempio di memoria che diventa poesia popolare, affidata non già alla carta stampata, ma alla voce del poeta, com'è nella migliore tradizione della poesia orale, mediata in questo caso non dall'aia o dalla piazza, ma da YouTube.
I versi di Ruggiero regalano momenti di intesa commozione, come quando nel passaggio che forse meglio fotografa l'essenza del poema, il poeta dice: "Come t'u cconde u friscke / de na bombe ca càde / quante s'attappene i recchie / e se ferme l'aria e u fiate. / E chi u sapeve stu munne / che ind'a nnìinde mette a deserte / stu pajese belle, accucchiate ind'a mill'anne a prete a prete." (Come te lo racconto il fischio di una bomba che cade, quanto si otturano le orecchie e si ferma l'aria e il fiato. E chi conosceva questo mondo che in un niente trasforma in deserto questo paese bello, costruito pietra dopo pietra in mille anni).
Gianni Ruggiero comincia la narrazione dal primo bombardamento, che colse del tutto impreparata la città rendendola improvvisamente e drammaticamente consapevole della ferocia della guerra che prima d'allora, dice Ruggiero, era stata soltanto miseria e contrabbando.
Impressionante ed incredibilmente vivido il racconto dell'uscita dai rifugi: "Po ce mettemme e cundàmme / Chi manghe? ndò stace Vitucce? / Andò se mute ammucciànne? E nuje nenn'avemma sta llà." (Poi ci mettemmo a contare. Chi manca? Dove sta Vituccio? Dove si è andato a nascondere. E noi, non dovevamo stare là).
La cosa che più colpisce del poema di Ruggiero è questa pulsione a raccontare quel che non può essere raccontato, perché è troppo atroce: "Ma cume t'u cconde u strazie / d'arrecogghie na gamme, nu vrazze / arrengarle ripa ripe a' banghine / o ind'a nu fusse o Cambesande." (Ma come te lo racconto lo strazio di raccogliere una gamba, un braccio, metterli in fila lungo il marciapiede o dentro a un fosso al Camposanto).
E certe volte ci vuole la poesia anche per risolvere questioni annose, come quella del numero preciso delle vittime che ha sempre aleggiato sulla cronaca dei bombardamenti. È un'impresa impossibile, e forse anche vana, perché - come dice Gianni Ruggiero (in un passaggio recitato straordinariamente) : "E cume t'u cconde… cume t'u cconde / cume se face a cuntà i murte / senza nu nome e senza na facce / ind'a quillu fusse o Cambesande." (E come te lo racconto, come te lo racconto, come si fa a contare i morti senza un nome e senza un viso, dentro a quel fosso al Camposanto).
E poi la memoria, la memoria oltraggiata e distrutta: "Chissà che è state / da memoria vìve de sta case / chissà chi è rimaste p'arrecurda / Tutt'i chiante e tutte i rèsate." (Chissà che è stato della memoria viva di questa casa, chissà chi è è rimasto a ricordare tutti i pianti e tutte le risate).
Versi straordinari, che dicono quanto sia sacro il valore della memoria, quanto sia necessario ricordare. Ecco perché una public history ci vuole.
Davvero molto bello. Il video del Poema per la mia città martoriata di Gianni Ruggiero è disponibile a questo indirizzo YouTube: https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=G0McDB9VL48. La voce narrante è dello stesso autore, il tecnico fonico è Angelo Albanese, il montaggio e la regia video di Giovanni Mancini. Bravi tutti.

Commenti

Anonimo ha detto…
Ti ringrazio per le belle parole di apprezzamento che hai voluto spendere per il mio Poema. Gianni Ruggiero

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