Capitanata penalizzata anche dalla riforma del sistema elettorale
Il bello di un blog locale, come Lettere Meridiane, è che
lettori e followers sono per lo più amici, che trovi all’occorrenza a portata
di telefono o con cui puoi andare a prendere un caffè. E semmai riprendere
discussioni e confronti accesi dal blog.
Mi sono così trovato con Franco Mercurio, direttore della
biblioteca provinciale, a discutere del suo commento sui bombardamenti. Il mioarticolo testimoniava come settant’anni fa l’aeroporto Gino Lisa avesse una
posizione nevralgica nello scacchiere bellico e come lo stesso aeroporto di
Bari Palese dipendesse dal Foggia Airfield Complex (esaltato – e forse non è un
caso - anche da Wikipedia inglese, ma non in quella italiana). Nel suo bel commento, Mercurio rimarcava la mancata partecipazione alle trattative per la
ricostruzione della “politica foggiana”, impossibilitata a farlo semplicemente
perché… ancora non esisteva, in quanto Foggia era occupata manu militari e
governata dalle forze armate statunitensi.
Mercurio ritiene che in quella ricostruzione negata o
ritardata stia l’atto di nascita del cosiddetto foggianesimo, ovvero la
tendenza a piangersi addosso. Ma non potrebbe stare in quelle vicende, nelle
polemiche che accompagnarono la ricostruzione, anche l’inizio del processo di
periferizzazione della Capitanata? Il direttore della Biblioteca dice di no, e sono d’accordo con lui. Mercurio cita il grande processo
di sviluppo – sostenuto dalla classe dirigente nazionale di allora – dell’agricoltura
derivante dalla rivoluzione irrigua propiziata dalla Cassa per il Mezzogiorno, la
stagione industriale sostenuta dalle partecipazioni statali: segno che la Capitanata
contava, e come, almeno fino agli anni Sessanta e Settanta.
Ma cos’è, allora, che ha innescato il processo di crisi
della provincia di Foggia, facendole perdere via via posizioni nelle diverse
classifiche dello sviluppo? Ho sempre pensato che sono stati soprattutto due
fattori a penalizzare la Capitanata. Il primo è rappresentato dall’avvento
delle Regioni, che trasferì loro le competenze che erano una volta della
(compianta, almeno per quel che ci riguarda) Cassa per il Mezzogiorno,
accentuando il baricentrismo, fenomeno speculare ed opposto al foggianesimo. Il
secondo riguarda le politiche di reindustrializzazione seguite al terremoto del
1980, che trasferirono in aree contigue alla nostra (l’Irpinia e il Melfese) un
sistema di convenienze e di opportunità che prima privilegiava, in qualche
modo, il Tavoliere.
Mentre Franco Mercurio parla, sciorinando date e
circostanze, che collocano l’inizio dell’irreversibile declino della nostra
terra tra la fine del decennio Ottanta e l’inizio di quello successivo, mi
sorprendo a pensare ad un’altra, forse non casuale coincidenza. Quegli anni coincidono con la dissoluzione
della Prima Repubblica e con la riforma del sistema elettorale che segna la
fine del sistema proporzionale e della circoscrizione elettorale Bari-Foggia.
Paradossalmente, la riforma che avrebbe dovuto favorire
(almeno nelle sue versioni iniziali, quando si votava per collegi
subprovinciali) l’autonomia della classe dirigente provinciale rispetto a
quella barese, ha provocato un ulteriore indebolimento politico della
Capitanata.
La vecchia circoscrizione della Camera (e il vecchio sistema) facevano
in modo che i candidati baresi dovessero
comunque “mettersi in gioco” anche in provincia di Foggia, per catturare voti
di preferenza, determinavano - bene o male
– un certo equilibrio tra foggianesimo e baricentrismo. I candidati baresi
dovevano fare qualcosa anche per la Capitanata, nella misura in cui questa
faceva comunque parte del loro bacino elettorale, e la stessa cosa valeva per i
deputati foggiani. En passant, ricordo che quel sistema funzionava benino anche
al Senato. Si votava con il collegio uninominale, su base regionale, e la provincia di Foggia, terra di forte
radicalizzazione della passione politica, riusciva sempre a spedire a Palazzo
Madama una cospicua delegazione di senatori, sovente anche due eletti nel
medesimo collegio.
Il maggioritario avrebbe dovuto garantire (almeno prima dell’avvento
del famigerato porcellum) un rapporto più saldo tra elettori ed eletti, e tra
questi e le istanze del territorio. Ma non è andata così. Ci siamo indeboliti
tutti: eletti, elettori, territorio.
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Gianni Ruggiero