Si pensava fossero dispersi, invece erano deportati 116 cittadini di Capitanata. La bella iniziativa della Biblioteca Provinciale


Si deve alla Biblioteca Provinciale di Foggia, e a quell’infaticabile cercatore di memoria che è Maurizio De Tullio, se la Giornata della Memoria appena celebrata ha restituito dignità ed onore a 116 cittadini della provincia di Foggia che per sessant’anni erano stati ritenuti dispersi. “Non lo erano”, scrive De Tullio. Si tratta, infatti, di “giovani soldati, alti ufficiali, Carabinieri e tanti civili deportati e morti dopo atroci sofferenze nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.”
La Biblioteca Provinciale "La Magna Capitana" ha così pensato di commemorare il "Giorno della Memoria" nel modo più bello e significativo: restituendo memoria alle 116 famiglie di quei poveri sventurati, caduti per mano nazista. L’iniziativa è stata resa possibile grazie al lavoro di ricerca svolto dal veronese Roberto Zamboni, che non è uno storico, ma il contitolare di un calzificio nel Veronese, “che – come ricorda De Tullio - , dal lontano 1994, ha dato vita ad una ricerca, tuttora in corso, il cui scopo è proprio quello di informare famiglie e parenti di quei poveri sventurati sui luoghi di sepoltura dei loro cari. Una ricerca nata quasi per caso, mettendosi sulle tracce di un congiunto, fino ad allora dato per disperso. Con l'intreccio di vari archivi – tra cui quello del Vaticano – Zamboni era riuscito a dare degna sepoltura, nel suo paese, al parente”.

“È grazie a lui – scrive ancora il bibliotecario foggiano - se anche in provincia di Foggia è ora possibile conoscere, Comune per Comune, i nomi dei nostri Caduti nei campi di concentramento tedeschi e in quale cimitero recarsi per recuperare, eventualmente, le loro spoglie”.
De Tullio fornisce anche alcuni dati statistici molto interessanti: “Sono 41 i Comuni di Capitanata nei quali risultano essere nati i nostri 116 concittadini censiti da Zamboni. Il più giovane aveva 19 anni, il più anziano 57. Due terzi di essi aveva meno di 30 anni (33 avevano tra i 19 e i 23 anni). Di questi 116 sventurati 19 risultano con chiarezza essere soldati o graduati ma – come mi precisa Zamboni – sicuramente erano molti di più. Non vi figurano donne e bambini – nel caso dei nostri comprovinciali – ma si tratta di un caso. Furono molte le donne e addirittura i neonati a morire in quei campi. Tre Comuni, da un veloce controllo contabile che facciamo solo a titolo di statistica, sono quelli ad aver patito, in termini percentuali rispetto al numero dei propri abitanti, le perdite maggiori: Casalnuovo Monterotaro, Roseto Valfortore e San Marco la Catola, che annoverano 4 Caduti a testa, lo stesso numero sopportato da Comuni ben più popolosi come Foggia, Lucera e Manfredonia. In termini assoluti sono invece Monte Sant'Angelo (11) e San Severo (10) a registrare il maggior numero di propri Caduti. Di ognuno di questi 116 martiri, nel sito di Zamboni, figurano le trascrizioni delle posizioni tombali dei sepolti nei cimiteri italiani di Amburgo, Francoforte sul Meno, Monaco di Baviera e Mauthausen. Per i Caduti sepolti nei cimiteri militari di Berlino e Bielany/Varsavia è indispensabile richiedere le coordinate tombali al Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra per poter stabilire se il caduto è stato inumato in fossa singola, in tomba collettiva o sepolto tra gli ignoti.”
Nell’approfondimento, viene pubblicato anche l’elenco integrale dei nomi dei caduti, con la loro provenienza e il posto in cui sono sepolti i loro resti mortali.
L’interessantissimo articolo di Maurizio De Tullio è pubblicato nella sezione del sito della Biblioteca “La meravigliosa Capitanata”,  dedicata ai personaggi e agli episodi strettamente connessi al territorio della provincia di Foggia. E' un archivio di informazioni per gli autori locali e per particolari temi legati al territorio di Capitanata, un luogo privilegiato di raccolta e di fornitura di informazioni bibliografiche in senso lato, sia di documenti posseduti localmente, sia di fonti di qualsiasi altra origine non presenti in loco.

Commenti

Unknown ha detto…
emozionante
Io sono di Monte S. Angelo. Occorrerà organizzare immediatamente una verifica e una serie di iniziative dedicate ai caduti montanari.
Mia madre, che non c'è èiù, nel 1942 aveva 14 anni e per farla allontanare dai rischi della guerra (i miei nonni erano assegnatari di un fondo agricolo ONC vicino all'Amendola che era costantemente sotto attacco), partì con una sua zia (Zia Giuseppina) moglie di un Carabiniere (Zio Lorenzo) di stanza ad Aosta. Il tutto mentre si stava preparando lo sbarco degli Americani ad Anzio e in Sicilia. Sta di fatto che avrebbe dovuto rimanere una sola stagione estiva, ma rimase ad Aosta per ben tre anni.
Rimase circa tre anni nelle case popolari di Aosta abitate da immigrati veneti e calabresi che lavoravano nelle miniere di Cognre.
Lo Zio carabiniere dopo l'8 settembre riparò in montagna e si unì alle formazioni partigiane. Mia madre con una sua amichetta coetanea attraversava i posti di blocco a bordo di una bici e si avventurava periodicamente in luoghi prestabiliti e portava biancheria di ricambio e roba da mangiare a questo suo Zio. Lei era veramente troppo piccola e non destava sospetto. oramai parlava con perfetto accendo valdostano e raccontava che tornava a casa e così non correva troppi pericoli.
Mia madre ha sempre espresso un fortissimo, viscerale sentimento antifascista e si commuoveva e ci commuoveva sempre quando raccontava dei partigiani impiccati agli alberi di una piazza di Aosta. di quanto erano "bei giovani". Ci raccontava anche dei contadini dei masi spesso affetti da cretinismo uccisi dai repubblichini, perché, aggiungeva sempre, erano "peggio dei tedeschi".
La Storia, anche quella importante ed eroica ti passa accanto, come nel caso di questi nostri concittadini più sfortunati.


http://amaraterra.blogspot.it/2011/01/i-nomi-dei-deportati-della-provincia-di.html#axzz2JWDmsNQb

Post popolari in questo blog

Renzo e Lucia alle falde del Gargano

Treno no stop Bari-Roma, un flop o quasi

La Madonna dell'Incoronata, tra storia, leggenda e tradizione (di Francesco Gentile)