Un'antica lapide racconta un pezzo di storia
A saperla guardare ad altezza occhi, ogni città ha tante storie da raccontare. Nel suoi vicoli, nei suoi muri. Quando ero un giovane collaboratore della Gazzetta del Mezzogiorno e mi occupavo di cronaca bianca, mi piaceva andare al lavoro a piedi. E non c’era giorno che Foggia non mi offrisse uno spunto, un’idea su cui lavorare. Una traccia.
Una volta, a pochi metri dal luogo dove è stata scattata l’immagine che illustra questo post, e di cui sto per dirvi, scovai la traccia di un’antica usanza foggiana: l’orma di un paio di forbici aperte, impressa sul cemento davanti ad un pianterreno. S’usava così per scacciare il malocchio, e tanto bastò per scrivere una serie articoli sulla sopravvivenza di certe superstizioni popolari.
Ancora oggi mi piace camminare nei vicoli della città vecchia, posti dove a tratti si può respirare quel che Foggia era una volta. Durante una di queste passeggiate, il mio sguardo è caduto sulla lapide che vedete fotografata sopra.
Lo stato di conservazione della lapide non è eccellente, alcune lettere della scritta sono poco leggibili, però si nota ancora il fascio, stilizzato, circondato da rami di quercia ed alloro.
Quella pubblica dichiarazione di inabitabilità doveva servire probabilmente a scoraggiare il fitto del locale per usi impropri. Di lapidi del genere dovevano essercene parecchie a Foggia. I bombardamenti, la ricostruzione, le ristrutturazioni edilizie dei decenni successivi le hanno però decimate. Che io sappia, quella mostrata in alto è l’unica superstite.
Ne conoscete altre? E dove sta quella di cui vi ho parlato? Giro la domanda agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane a mo’ di test: quanti foggiani guardano la loro città ad altezza d'occhi?
Commenti