Adelina Tattilo, la foggiana che cambiò i costumi degli italiani

di Maurizio De Tullio
Una volta si chiamavano riviste “per soli uomini”. Ma la pornografia è una cosa e l’erotismo un’altra. E siccome l’erotismo sveste le persone e la cultura le appaga, qualcuno cinquant’anni fa provò se insieme potevano convivere. Scoprendo di sì.
Detta così, la cosa non lascerebbe intendere più di tanto. Ma se dicessi “Playboy”, “Penthouse” e “Playmen”, tutto o quasi si spiegherebbe. Sono le testate – americane le prime due, italiana la seconda – che più di altre hanno saputo ritagliarsi uno spazio autonomo nel variegato mondo di quel che fu il ‘sesso di carta’.
Mentre di “Playboy” – che in Italia ancora si pubblica mentre negli States la casa madre ha scelto la sola versione web, tra l’altro priva di nudi integrali – si sa praticamente quasi tutto, dell’italiana “Playmen” se ne sa invece poco tranne che è stato il primo e principale magazine erotico (con licenze culturali) made in Italy.
Se ne parlo, è per informare i lettori che la sua editrice e direttrice, Adelina Tattilo, era foggiana, meglio: manfredoniana. Vi nacque il 13 novembre 1928 ed è morta a Roma il 1° febbraio 2007, dopo una breve malattia. Figlia di Giuseppe (Tattilo è un cognome abbastanza diffuso nella città sipontina ma non è noto se vi siano ancora suoi parenti – ndr), a livello di formazione scolastica si fermò alla maturità classica, conseguita in Piemonte in un istituto privato religioso.
Poco si sa del suo privato familiare e gli stessi dati di nascita e luogo sono oggetto di mistero. In una voce a lei dedicata dal celebre “Who’s Who in Italy” del 1980, si legge che la Tattilo era nata a Roma nel 1938! Tuttora, su Wikipedia, si cita Foggia quale città di origine mentre è certo debba trattarsi di Manfredonia dove, come detto, sarebbe nata dieci anni prima. Sposata due volte, ha avuto tre figli, uno dei quali aderì negli anni ’70 ad “Avanguardia Operaia” finendo anche in carcere.
La sua ‘creatura’ più riuscita, la rivista “Playmen”, ancor più della titolata rivale a stelle e strisce, ha avuto il pregio non solo di aver tolto i costumi alle dive e alle starlette ma di aver cambiato i costumi degli italiani (anche se non da sinistra, nell’accezione storica del termine), con una operazione a quei tempi decisamente coraggiosa. Occorre, infatti, tener conto che mentre per “Playboy” fu facile incidere in una società – quella americana – laica e aperta alle novità per definizione, per “Playmen” si trattava di affrontare in Italia una vera e propria sfida culturale, trattandosi di un Paese dominato fortemente dalla cultura catto-comunista, specie a quei tempi.
Quei tempi erano i mitici anni ’60. La minigonna era appena apparsa a Londra e Adelina Tattilo, nel 1967, fonda a Roma “Playmen”, la rivista che regalerà per qualche decennio pagine indimenticabili dell’erotismo patinato all’italiana. In realtà a fondarla sarà con suo marito, il siciliano Rosario (detto Saro) Balsamo – dal quale poi si separerà – ma sarà lei a tracciare la rotta verso il successo e la caratterizzazione di quel prodotto. A differenza del marito, infatti, Adelina non sposò mai la causa della pornografia.
Il giornale venne presto considerato un nemico dalle femministe del tempo ma è indubbio che senza gli articoli di “Playmen” dedicati alla liberazione sessuale, al divorzio e all’aborto, contro la censura la stagione delle ‘battaglie civili’ in Italia sarebbe cominciata molto dopo.
La rivista non era solo un palcoscenico a cielo aperto all’insegna del porno soft, oggi annoverato nella sezione ‘vintage’ dei più cliccati siti porno. Le sue pagine trasudavano di corpi femminili esaltati in ogni forma e ambientazione ma ospitavano anche celebrità della cultura che non ti aspetteresti di leggere tra una Jaqueline Kennedy-Onassis senza veli e una Ornella Muti ai primi palpiti d’erotismo fotografico.
“Playmen” ospitò, infatti, firme illustri sia a livello culturale che giornalistico: solo per citarne alcuni, Alberto Moravia, Italo Calvino, Mario Soldati, Luciano Bianciardi; addirittura vi transitarono gli inediti di Ernst Hemingway! La Tattilo riuscì finanche a pubblicare la prima intervista italiana al filosofo Marcuse, senza dimenticare altri nomi di spicco come Eugene Ionesco, Henry Miller e Allen Ginsberg. Grande spazio era dedicato al mondo dell’arte, con un’attenzione “interessata” per i disegni erotici di Salvador Dalí, Pablo Picasso, Guido Crepax e Milo Manara.
Mozione d’ordine. Sia cioè consentito al vostro cronista un “intervallo-quiz”, vista la rinascita del popolare “Rischiatutto”. La domanda è: mentre la manfredoniana Tattilo riempiva di eleganti nudi e grossi scoop la sua rivista, poteva mancare tra le copertine della concorrente americana una dedicata a una castigatissima celebrità sanseverese? Già. Era il 1981 ed ecco “svelata” a tutti gli italiani anche la dolce Rosanna Fratello, a quel tempo tra le cantanti più popolari e apprezzate d’Italia, anche se all’inizio della sua fase calante.
Torniamo però a “Playmen” per giungere al suo epilogo. La rivista, che vendeva mediamente 180-200.000 copie con punte di 300.000 in base alla copertina e ai servizi più “forti”, chiuse nel 2001, con l’affacciarsi poderoso dell’home video prima e di internet subito dopo. Nel 1980 aveva chiuso l’anno con un giro di affari di 3 miliardi di lire, giusto per capire di cosa parliamo.
Che la manfredoniana sia stata una donna di peso lo si era capito subito. Solo otto anni dopo la nascita della sua creatura patinata ma di qualità, l’ONU l’avrebbe segnalata come una delle donne più importanti del mondo; ne parlo al condizionale perché nel ricordo del suo secondo marito compare una diversa versione: “Adelina venne insignita da alcune riviste americane come una delle dieci donne più significative nel mondo”. Poco male per una che qualche dispiacere al potere di Hugh Hefner, “papà” di “Playboy”, l’ha dato, eccome.
Anche la nostra Presidenza del Consiglio si è ricordata di lei. Avvenne nel marzo del 1987 con la sua nomina a “Commendatore”. In quella tornata, per la cronaca, ricevettero l’onorificenza anche le giornaliste Natalìa Àspesi  e Anna del Bo Boffino.
Ma la Tattilo è stato un personaggio dalle mille sfaccettature, compresa la dichiarata amicizia a un politico intelligente e potente come Bettino Craxi (e a sua moglie), del quale non fu solo amica ma forse anche consulente. Di lei si ricorda, in tempi più recenti, una inversione a ‘U’ sul piano di certe idealità, con l’avvicinamento al centrodestra berlusconiano, forse dopo il dissolvimento del socialismo in salsa craxiana.
Dapprima giornalista, poi editrice (e non solo del celebrato “Playmen”), la Tattilo diede alle stampe una miriade di altre testate, compresi fumetti e libri. Libri come “Playdux. Storia erotica del fascismo” (1973) o “Dizionario della Letteratura Erotica” (1972) o ancora il più provocatorio “La marijuana fa bene” (1973), ai tempi della sua infatuazione socialista e libertaria.
Adelina aveva cominciato nel 1965 pubblicando un nuovo e popolare settimanale di cultura giovanile, “Big”. Dalla sua evoluzione (con “Ciao Big”) nacque un celebre settimanale di attualità e cultura musicale per giovani, “Ciao 2001”, pubblicato la prima volta nel gennaio del 1969 con altro editore. Nel ’68 lancia “Men”, un settimanale indirizzato inizialmente al pubblico eterosessuale, con servizi di attualità e trattazione di temi allora considerati scomodi e in seguito trasformato dall’ex marito in rivista prettamente porno, per soli uomini.
All’inizio degli anni ’70 lancia “Menelik”, volutamente denominato ‘il settimanale eroticomico’ a fumetti che, diretto da un grande nome del giornalismo italiano, Gian Carlo Fusco, in breve raggiunse alte tirature e che oggi è raramente reperibile, a prezzi bassi, nell’antiquariato di settore; andando oltre “Playmen”, è doveroso ricordare alcune coraggiose testate inventate e lanciate dalla imprenditrice manfredoniana.
Fu lei a lanciare negli anni ’90 “Adam”, il primo magazine gay italiano. Diede la direzione ad un altro foggiano, Alessandro Clericuzio, che si è molto occupato, in Italia e all’estero, di cultura gay e che alle dipendenze di Adelina ha lavorato per un quindicennio. Oggi Clericuzio, che è scrittore e giornalista, insegna lingua e letterature anglo-americane all’Università di Perugia come professore associato. A breve partirà per un giro in solitaria intorno al mondo.
Prima ancora, nel ’74, sulla scia del successo del mensile pensato per un pubblico prevalentemente maschile, qual era “Playmen”, la Tattilo pensò di rivolgersi alla platea femminile, nel frattempo diventata più curiosa e meno bigotta, offrendo un prodotto nuovo e provocatorio. Nacque, così, la rivista “Libera”, manco a dire bocciata in toto dalle femministe ortodosse del tempo, tra le quali una foggiana di primissimo livello nella storia del femminismo italiano, Roberta Tatafiore, che fu per qualche tempo anche direttrice di “Noi donne” e alla quale dedicherò a breve un doveroso ritratto, già abbozzato nel 2009 nel mio “Dizionario Biografico di Capitanata”.
Non mancò, tra gli interessi imprenditoriali e culturali di Adelina Tattilo, un’attenzione speciale per il cinema, coltivata anche grazie al secondo marito, Carlo Maietto, con cui visse otto anni e col quale produsse alcuni film. Se ne ricordano due in particolare, entrambi firmati da Carlo Lizzani: “San Babila ore 20: un delitto inutile”, un poliziesco del 1976 incentrato su un episodio realmente accaduto a Milano, nel maggio 1975. Il celebre regista volle rappresentare, con stile molto realista, l’assassinio compiuto da cinque neofascisti (fra cui un ragazzino) ai danni di Alberto Brasili, nei pressi di piazza San Babila, luogo storicamente ‘presidiato’ dalla estrema destra milanese, neofascista e neonazista.
Sempre Lizzani, per Tattilo e consorte, aveva diretto l’anno prima “Storie di vita e malavita - Racket della prostituzione minorile”, film coraggioso (fu anche sequestrato) che otterrà negli anni lusinghieri apprezzamenti. Aveva inoltre prodotto, nel nello stesso anno, “Il tempo degli assassini”, diretto da Marcello Andrei e nel cui cast figurava anche il cerignolano Rosario Borelli (quello, per capirci, di “Totò gambe d’oro”). In un’altra pellicola, invece, la bionda attrice svedese Janet Agren farà innamorare follemente Carlo Maietto tanto da indurlo al divorzio e a sposarla.
Insomma, Adelina Tattilo è uno di quei personaggi di cui si potrà dire tanto e di più. In occasione del trentennale della nascita della rivista, ammise di aver avuto molto coraggio nell’affrontare quel parto editoriale: «I tabù erano tanti e io ero una donna sposata, di famiglia cattolica osservante, e con tre figli da crescere. Non fu certo facile».

Di certo, passandomi un facile gioco di parole, si arricchì sulla… pelle degli italiani contribuendo, però, a svecchiare un popolo fondato sul bigottismo e malato di doppia moralità. Quanto sia cambiato questo nostro Paese, e in peggio, è una domanda aperta a ogni tipo di risposta e di considerazione.
Maurizio De Tullio

Commenti

Anonimo ha detto…
La rivista "Playmen", va ricordato, ebbe come direttore Luciano Oppo (ex X Mas) e tra i suoi collaboratori il "duca minimo" Enrico de Boccard (repubblichino, golpista, ex Far e agente dei Sid). Inoltre, sulla rivista fu pubblicato in parte anche un noto saggio, "Cavalcare la tigre", del filosofo tradizionalista Julius Evola.

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