La scomparsa di Michele Gesualdi, il bovinese discepolo di don Milani

Se n’è andato un grande figlio della terra di Capitanata. Non sono in molti a conoscere e a ricordare le sue origini daune, ma Michele Gesualdi, scomparso ieri a Calenzano, è stato un cattolico, un sindacalista, un politico tra i più luminosi cui abbia dato i natali questo lembo di Puglia, bello non solo nella natura e nei paesaggi, ma nella sua gente, che sa farsi onore.
Cattolico “radicale” (di quella radicalità di cui è intriso il Vangelo…), nato a Bovino il 21 dicembre del 1943, è stato uno dei primi allievi di don Lorenzo Milani, alla Scuola di Barbiana, istituzione che ha scritto una pagina fondamentale nella pedagogia italiana, nel clima post-conciliare e in quella nuova visione del mondo che andava affermandosi agli inizi degli anni Sessanta.
Michele è il fratello maggiore di un altro illustre figlio della Capitanata, e discepolo di don Milani: Ciccio Gesualdi (foggiano, 69enne, fondatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano (Pisa), saggista e attivista dei movimenti contro lo strapotere delle multinazionali e per i diritti dell’uomo.
Dopo essersi formato alla Scuola di Barbiana, Michele Gesualdi ne divenne egli stesso assistente fino al 1967, quando per ragioni di lavoro e di studio emigrò in Germania.

Al rientro in Italia, si dedicò al lavoro sindacale, diventando un protagonista della Cisl fiorentina. Abbandonò il sindacato per dedicarsi alla politica, nelle file del Partito Popolare Italiano. Fu eletto Presidente della Provincia di Firenze nel 1995, e venne confermato per un secondo mandato che durò fino al 2004.
Conclusa l’esperienza amministrativa, si è dedicato prevalentemente alla Fondazione don Lorenzo Milani, di cui è stato fondatore e presidente, continuando il suo impegno politico nelle file del Partito Democratico.
Ha scritto diversi libri su don Milani e sulla Scuola di Barbiana (è il caso di ricordare Don Lorenzo Milani: l'esilio di Barbiana, Il Catechismo di don Lorenzo Milani, Don Lorenzo Milani La parola fa eguale).
Sua la lettera che ha convinto papa Francesco a recarsi in pellegrinaggio a Barbiana per pregare sulla tomba di don Milani.
Gesualdi l’aveva affidata assieme a un suo libro, al direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Rizzolo, ricevuto in udienza dal Pontefice.
Papa Bergoglio era rimasto immediatamente colpito dalla immagine di don Milani sulla copertina, e aveva fatto cenno al segretario di portarlo sulla scrivania, manifestando la volontà di leggerlo.
“Ho scritto questo semplice libro - dice Gesualdi nella sua lettera - per far conoscere ai ragazzi di oggi un grande prete-maestro innamorato di Gesù e della sua Chiesa. Il Gesù che ha incontrato nella trincea della povertà più profonda di Barbiana. Era insieme a quei poveri contadini con la loro stessa faccia denutrita e le mani callose dalla fatica. Con loro ha sofferto, gioito, vissuto la povertà vera, ogni giorno, senza sconti. A loro ha dedicato il suo sapere e il suo apostolato.
La miseria della profonda periferia di Barbiana ha donato a don Lorenzo occhi, orecchie, bocca e cuore nuovo che ne han fatto un uomo diverso: povero tra i poveri rimasto per sempre, nella vita e nella morte, priore di quel niente di Barbiana, che l’amore ha fatto divenire consistenza e parola capace di parlare a tanti cuori e altrettante coscienze, molto lontano. Era Amore con la a maiuscola, incondizionato.
A noi si è dedicato come solo un maestro, fratello, padre sa fare. Ed educato a stare con la classe degli ultimi, a non dimenticarci della umanità bisognosa, a tenere a bada il nostro egoismo e a studiare con e per gli altri, «perché non si tratta di produrre una nuova classe dirigente, ma una massa cosciente», diceva.
Una sua visita, con il suo stile semplice e affascinante, in quella periferia da dove quella povera tomba e quella anomala scuola ci richiamano la radicalità del Vangelo che spinge a camminare sulla retta via, sarebbe un gran dono agli ultimi degli ultimi. Barbiana è ancora oggi un luogo fatto di nulla, in cui salire in punta di piedi a pensare, pregare e ascoltare quel profondo silenzio che scuote.”
Qualche mese dopo, il Papa si è recato a Barbiana, per pregare sulla tomba di don Milani.
Colpito dalla Sla, Michele Gesualdi è stato costretto a ritirarsi dalla politica attiva, ma non ha mai smesso la sua attività pubblicistica e culturale, battendosi negli ultimi mesi della sua esistenza terrena per la legge sul testamento biologico.
“L’ultima battaglia di una vita spesa interamente nell'impegno sociale, sindacale, politico”, è stato scritto.
Memorabile l’appello che ha rivolto nello scorso mese di marzo ai parlamentari, per invitarli a fare presto nell’approvazione della legge: un documento di straordinaria dignità e dirittura morale, che rappresenta il testamento spirituale di questo grande figlio della terra di Capitanata.
Personalmente ho nutrito dubbi e perplessità sulla idea stessa che una legge possa in qualche modo determinare “il fine vita”. Dubbi e perplessità fugati proprio dalle nobili e straordinarie parole di Michele Gesualdi, che partono da un punto di vista tutt’altro che politico, ma direi piuttosto evangelico, radicalmente evangelico, nello spirito, appunto, di don Milani.
Piangendone la scomparsa, affido alcuni brani alla riflessione degli amici e dei lettori di Lettere Meridiane.

“…Per i malati di Sla la morte è certa, e può essere atroce se giunge per soffocamento. C’è chi sostiene che rifiutare interventi invasivi sia una offesa a Dio che ci ha donato la vita.
La vita è sicuramente il più prezioso dono che Dio ci ha fatto e deve essere sempre ben vissuta e mai sprecata. Però accettare il martirio del corpo della persona malata, quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio. Lui ti chiama con segnali chiarissimi e rispondiamo sfidandolo, come se si fosse più bravi di lui, martoriando il corpo della creatura che sta chiamando, pur sapendo che è un martirio senza sbocchi.
Personalmente vivo questi interventi come se fosse una inutile tortura del condannato a morte prima dell’esecuzione. Come tutti i malati terminali negli ultimi 100 metri del loro cammino, pregano molto il loro Dio, e talvolta sembra che il silenzio diventi voce e ti dica : “Hai ragione tu, le offese a me sono altre, tra queste le guerre e le ingiustizie sociali perpetuate a danno della umanità. Chi mi vuole bene può combatterle con concrete scelte politiche, sociali, sindacali, scolastiche e di solidarietà ”.
Di fronte a queste parole rimane una grande serenità che ti toglie la voglia di piangere e urlare. Ti resta solo l’angoscia per le persone che ami e che ti amano.
Per l’insieme di questi motivi sono a pregarvi di calarvi in simili drammi e contribuire ad alleviarli con l’accelerazione della legge sul testamento biologico. Non si tratta di favorire la eutanasia , ma solo di lasciare libero, l’interessato, lucido cosciente e consapevole, di essere giunto alla tappa finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato e di levare dall’angoscia i suoi familiari, che non desiderano sia tradita la volontà del loro caro.
La rapida approvazione delle legge sarebbe un atto di rispetto e di civiltà che non impone ma aiuta e non lascia sole tante persone e le loro famiglie.”
Ciao, caro Michele.
G.I.

Commenti

Anonimo ha detto…
Caro Geppe, ho impiegato quasi quattro anni per mettere insieme le 595 schede biografiche del mio "Dizionario Biografico di Capitanata 1900-2008" che tu spesso hai citato nelle tue "Lettere" oltre ad averne vergato una meravigliosa prefazione. A quasi dieci anni di distanza rilevo che quel mio lavoro, faticosamente realizzato e dedicato a Foggia e alla Capitanata, non è servito a nulla se redazioni e giornalisti (ai quali lasciai una copia) continuano a non farne uso. Mi illudevo che un libro (e quindi anche quel libro) fosse come un diamante: per sempre, per parafrasare una famosa pubblicità. Perché te ne parlo? Per sottolineare un tratto distintivo di Foggia, quello di essere una delle città più brutte d'Italia. Non è solo l'aspetto estetico, l'organizzazione urbanistica a formare in molti questo convincimento. Io vi aggiungerei la presunzione, il pressapochismo e l'invidia, tre tasselli che attengono alla cultura e ai comportamenti sociali, che si incardinano nel famoso detto che ci dipinge come quelli che non sanno fare, non vogliono fare e non vogliono far fare. Avrei voluto scriverti molte altre cose ma mi fermo qui. Era più uno sfogo, nel giorno del ricordo di Michele Gesualdi e a pochi altri da due avvenimenti che hanno riguardato altre due personalità e personaggi di Capitanata, di fama internazionale, celebrati a Foggia: Tony Slydini e Antonio Pompa Baldi. Tre nomi che non cito a caso... Cordialmente (Maurizio De Tullio)

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