Donne contro la guerra e la dittatura: le monteleonesse
L'amico Gianni Ruggiero mi ricorda (e gliene sono grato) che oggi, 23 agosto 2017, cade il 75° anniversario della rivolta rosa di Monteleone di Puglia, evento storico di cruciale importanza perché rappresenta anche la prima ribellione popolare contro il regime autoritario e contro la monarchia.
L’episodio è stato portato alla luce soltanto da qualche anno, grazie all’iniziativa dell’allora sindaco del comune dei Monte Dauni (che faceva parte, una volta dell’Irpinia), Giovanni Campese, che apprese quanto era accaduto diversi decenni prima da alcuni appunti lasciati dal Parroco che ne era stato testimone oculare.
Il primo cittadino decise così di contattare l’Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea (IPSAIC) diretto da Vito Antonio Leuzzi, docente di storia e tenace ricercatore delle memoria nascita dall’antifascismo pugliese.
Le ricerche prontamente avviate da Leuzzi, che studiò le carte processuali, hanno contribuito a riportare alla luce un episodio che, come ebbe a scrivere Marco Brando sul Corriere del Mezzogiorno, “sebbene pochissimi lo sappiano (persino tra gli storici), fa onore alla storia della nostra democrazia.”
A Monteleone di Puglia - si legge nell'introduzione di Leuzzi al suo libro, Donne contro la guerra - la collera popolare esplose nella prima mattinata del 23 agosto del 1942 in conseguenza, come riferiscono alcuni testimoni, della decisione del comandante della stazione dei carabinieri di sequestrare alcune pignatte di granturco ad alcune donne che erano in fila davanti ad un forno del paese.
Subito dopo le donne, che erano aumentate di numero, si recarono dal podestà, proprietario della farmacia, gridando: "vogliamo il pane, vogliamo sfarinare"...
A Monteleone si recò personalmente il Prefetto Dolfin (che in seguito aderì alla Repubblica di Salò, ndr) alla testa di un gran numero di carabinieri... Sottoposero l’intero paese ad un gigantesco rastrellamento, casa per casa, fermando e interrogando centinaia di monteleonesi. Alla fine... le autorità fasciste disposero l’arresto di novantasei persone, compresi molti minori di diciotto anni.
Finirono nelle carceri di Lucera, Bovino, San Severo e d’altre città della Capitanata. Il 3 settembre 1943, malgrado Mussolini fosse già stato destituito e arrestato nel luglio precedente, il Sostituto procuratore generale del Re rinviò a giudizio novantuno imputati e chiese l’arresto di altri quindici cittadini. Il magistrato, che pareva non essersi accorto della fine del fascismo e degli sviluppi della guerra, considerò la protesta contro le restrizioni alimentari «indice della volontà di sopraffare ad ogni costo i poteri della pubblica autorità e di sostituire alla legalità la licenza e l’arbitrio».
Diversamente da quanto era successo un anno prima, a Cagnano Varano, la reazione dei rappresentanti del Governo fu assai più dura, pur essendo ormai caduto il regime fascista. Le donne e gli uomini arrestati rimasero dietro le sbarre per quattordici mesi e furono liberati soltanto con l'arrivo delle truppe alleate.
Ma il loro calvario non era finito. Il processo si svolse dopo la fine della guerra. Vennero assolti tutti, perché nel frattempo era intervenuta la prescrizione dei reati di cui erano imputati. La maggior parte di loro visto che le condizioni di fame e di arretratezza perduravano, scelse la via dell'emigrazione in Canada.
Ma - come si legge nel sito del Comune di Monteleone di Puglia -
L’episodio è stato portato alla luce soltanto da qualche anno, grazie all’iniziativa dell’allora sindaco del comune dei Monte Dauni (che faceva parte, una volta dell’Irpinia), Giovanni Campese, che apprese quanto era accaduto diversi decenni prima da alcuni appunti lasciati dal Parroco che ne era stato testimone oculare.
Il primo cittadino decise così di contattare l’Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea (IPSAIC) diretto da Vito Antonio Leuzzi, docente di storia e tenace ricercatore delle memoria nascita dall’antifascismo pugliese.
Le ricerche prontamente avviate da Leuzzi, che studiò le carte processuali, hanno contribuito a riportare alla luce un episodio che, come ebbe a scrivere Marco Brando sul Corriere del Mezzogiorno, “sebbene pochissimi lo sappiano (persino tra gli storici), fa onore alla storia della nostra democrazia.”
A Monteleone di Puglia - si legge nell'introduzione di Leuzzi al suo libro, Donne contro la guerra - la collera popolare esplose nella prima mattinata del 23 agosto del 1942 in conseguenza, come riferiscono alcuni testimoni, della decisione del comandante della stazione dei carabinieri di sequestrare alcune pignatte di granturco ad alcune donne che erano in fila davanti ad un forno del paese.
Subito dopo le donne, che erano aumentate di numero, si recarono dal podestà, proprietario della farmacia, gridando: "vogliamo il pane, vogliamo sfarinare"...
A Monteleone si recò personalmente il Prefetto Dolfin (che in seguito aderì alla Repubblica di Salò, ndr) alla testa di un gran numero di carabinieri... Sottoposero l’intero paese ad un gigantesco rastrellamento, casa per casa, fermando e interrogando centinaia di monteleonesi. Alla fine... le autorità fasciste disposero l’arresto di novantasei persone, compresi molti minori di diciotto anni.
Finirono nelle carceri di Lucera, Bovino, San Severo e d’altre città della Capitanata. Il 3 settembre 1943, malgrado Mussolini fosse già stato destituito e arrestato nel luglio precedente, il Sostituto procuratore generale del Re rinviò a giudizio novantuno imputati e chiese l’arresto di altri quindici cittadini. Il magistrato, che pareva non essersi accorto della fine del fascismo e degli sviluppi della guerra, considerò la protesta contro le restrizioni alimentari «indice della volontà di sopraffare ad ogni costo i poteri della pubblica autorità e di sostituire alla legalità la licenza e l’arbitrio».
Diversamente da quanto era successo un anno prima, a Cagnano Varano, la reazione dei rappresentanti del Governo fu assai più dura, pur essendo ormai caduto il regime fascista. Le donne e gli uomini arrestati rimasero dietro le sbarre per quattordici mesi e furono liberati soltanto con l'arrivo delle truppe alleate.
Ma il loro calvario non era finito. Il processo si svolse dopo la fine della guerra. Vennero assolti tutti, perché nel frattempo era intervenuta la prescrizione dei reati di cui erano imputati. La maggior parte di loro visto che le condizioni di fame e di arretratezza perduravano, scelse la via dell'emigrazione in Canada.
Ma - come si legge nel sito del Comune di Monteleone di Puglia -
"il 23 agosto 1942 rappresenta grazie alle donne coraggio per Monteleone un passaggio storico politico importante e indelebile lungo la strada della libertà, quel giorno rappresenta la ribellione alle vicende nefaste e tragiche della seconda guerra mondiale. La ribellione alle tragedie, pensiamo a quelle consumate nei gulag, nelle foibe e nei campi di sterminio di Auschwitz, Mauthausen, Bergen – Belse deve essere vissuto come un percorso necessario da farsi lungo la strada maestra della solidarietà, della giustizia, della libertà e della rinascita della nuova Italia repubblicana. Quel giorno del ‘42 rappresenta la rinascita morale del nostro paese. Dimenticare quel giorno vuol dire dimenticare il dovere di vivere liberi."
Commenti
Bene ha fatto Gianni Ruggiero a ricordare l'episodio della rivolta femminile di Monteleone di Puglia del 1942, e a sollecitare Geppe Inserra perché ne scrivesse su LM.
Oltre ad essere un grande poeta, però, Ruggiero è anche un ottimo edicolante (ai tempi della rivista "Diomede", che dirigevo tra il 2009 e il 2011, vendeva 20 copie su 20!!!). Avrebbe fatto bene, allora, a ricordare che in occasione della ricorrenza di Monteleone di P., la "Gazzetta del Mezzogiorno" ha dato alle stampe - all'interno di una interessante serie di pubblicazioni a fumetto, dedicate alla storia di Puglia - un volumetto di cui sono autori Marco Gastoni e Luciano Ceglia. Quest'ultimo (classe 1977) è foggiano d.o.c. e garantisco essere un ottimo disegnatore, con alle spalle un invidiabile curriculum. Ho acquistato il volume (costa solo 5 euro ed è ancora presente in molte edicole) e lo consiglio, non solo per entrare in maniera realistica nella storia raccontata da Campese e Leuzzi, ma anche per apprezzare un validissimo disegnatore e illustratore "made in Foggia" quale è Luciano Ceglia.
Cordialmente (Maurizio De Tullio)